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Ancora UN’ALTRA LUCCIOLA VINCE CON IL TAR

 

 

 

Ancora un’altra prostituta ha vinto la sua battaglia contro l’ormai famoso Foglio di Via Obbligatorio previsto dalla Legge 1423/1956 grazie al Tribunale Amministrativo Regionale di Milano. In questa occasione la detta magistratura rileva come la prostituzione tra maggiorenni non è reato e non può essere pericolosa per la pubblica sicurezza. In effetti, la prostituzione anche se esercitata sulla pubblica via non è prevista ancora come fatto illecito penale e quindi non può rientrare nella fattispecie dei soggetti che compiono reati e nemmeno un pericolo per la sicurezza dei cittadini.

Si riporta di seguito il testo della detta Sentenza:

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 2002 del 2009, proposto da:
E. D. P., rappresentata e difesa dall'avv. F. C., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (Omissis);

 

contro

 

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tremore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in (Omissis);

 

per l'annullamento

 

previa sospensione dell'efficacia,

 

del provvedimento n. 686/2^/04/Div.Ant./MP" emesso in data 13.07.09, notificato in data 2.7.09, con il quale il Questore della Provincia di Milano, visti gli artt.1 e 2 della Legge 27.12.1956 n. 1423, modificati dagli artt. 2 e 3 della Legge n. 327 del 3.8.88, ordinava alla ricorrente il rimpatrio con foglio di via obbligatorio al comune di sua abituale dimora, inibendo alla predetta di fare ritorno nel Comune di Cisliano senza la preventiva autorizzazione, per un periodo di tre anni..

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10/09/2009 il dott. S. C. C. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;

 

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato, con il quale il Questore della Provincia di Milano ha disposto nei suoi confronti il rimpatrio con foglio di via obbligatorio al comune di abituale dimora inibendole di fare ritorno al Comune di Cisliano per un periodo di anni tre.

Nel provvedimento si legge che la ricorrete è soggetto con diversi alias, che è stata indagata per sostituzione di persona e falsa attestazione a Pubblico Ufficiale sulla propria identità personale, e che la medesima è stata più volte controllata dalle forze dell’ordine in atteggiamento dedito alla prostituzione, creando notevole pericolo ed intralcio alla circolazione stradale.

Contro tale atto, l’interessata solleva due motivi di ricorso.

Con il primo viene censurata la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, non avendo l’autorità intimata provveduto all’invio della comunicazione di avviso di avvio del procedimento.

Con il secondo motivo si deduce l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere e falsa applicazione delle norme contenute negli artt. 1 e 2 della legge n. 1423/56, nonché degli artt. 2 e 3 della legge n. 327/88.

Ritiene preliminarmente il Collegio che la presente controversia possa essere definita con sentenza resa in forma semplificata ai sensi degli artt. 21, decimo comma, e 26, commi 4 e 5, della legge 6 dicembre 1973 n. 1034.

Ciò premesso deve rilevarsi che il ricorso è fondato essendo fondato il secondo motivo avente carattere assorbente.

I presupposti per l’emissione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio sono contenuti negli artt. 1 e 2 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423.

Stabilisce l’art. 2 di tale legge che “qualora le persone indicate nell'articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate”.

Affinché possa essere adottato il provvedimento di rimpatrio è dunque necessario che:

a) il soggetto nei cui confronti l’atto viene emesso rientri in una delle categorie di “persone indicate nell’articolo precedente”;

b) che tale soggetto sia pericoloso per la sicurezza pubblica;

c) che lo stesso si trovi fuori dal luogo di residenza.

Primo indefettibile presupposto è pertanto quello dell’appartenenza del destinatario del provvedimento ad una delle categorie di persone di cui all’art. 1 della citata legge n. 1423/56.

Occorre dunque accertare quali siano tali categorie di persone.

Stabilisce l’art. 1 della legge n. 1423/56 che le misure di prevenzione possono essere applicate a :

1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Elemento comune di tutte e tre le figure è dato dalla provata, o perlomeno ipotizzata, commissione di atti che integrino fattispecie di reato previste dalla legge: infatti nel primo caso il possibile destinatario del provvedimento deve essere dedito a traffici delittuosi; nella seconda ipotesi, si deve ritenere che lo stesso viva abitualmente con proventi di attività delittuose; mentre nella terza ipotesi è necessario che l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica siano offese o minacciate attraverso la commissione di reati.

Alla luce di queste premesse, si deve ritenere che in mancanza di una norma nel nostro ordinamento che punisca la prostituzione come fattispecie di reato, non è possibile emanare nei confronti delle prostitute, per il solo fatto di esercitare attività di meretricio, le misure di prevenzione previste dalla più volte citata legge n. 1423/56.

La mancanza del reato rende infatti impossibile ascrivere la loro condotta al novero di quelle indicate dall’art. 1 della predetta legge, con il conseguente venir meno di uno dei presupposti suindicati, indispensabili per l’adozione dei provvedimenti in argomento.

In particolare, non essendo la prostituzione una fattispecie delittuosa, non è possibile ritenere che chi la esercita viva abitualmente con proventi di attività delittuose; neppure è decisivo evocare (come vorrebbe suggerire l’amministrazione intimata nei propri documenti difensivi) la possibilità che l’esercizio della prostituzione possa di per sé mettere in pericolo l’integrità morale dei minorenni, giacché, anche volendo condividere tale assunto, la norma richiede comunque che questo pericolo sia cagionato da coloro che siano “dediti alla commissione di reati”.

L’amministrazione pertanto, nei propri provvedimenti, deve indicare con precisione quali siano le fattispecie di reato che, al di là del mero esercizio della prostituzione (che reato non è), ritenga possano essere integrate, e che possano far ritenere la prostituta soggetto pericoloso.

Tale è l’orientamento seguito dalla prevalente giurisprudenza seguita anche da questo Tribunale, che ha avuto modo, pure in tempi recenti, di affrontare la questione e di ribadire i principi appena illustrati (cfr. TAR Piemonte, sez. II, 21/02/2009 n. 497; TAR Lombardia Milano, sez. III, 24/04/2008 n. 1259; id, 07/05/2008 n. 1353).

Da quanto sopra discende che deve condividersi la doglianza sollevata da parte ricorrente laddove lamenta la falsa applicazione delle norme che disciplinano la materia, non avendo l’amministrazione in alcun modo chiarito in che modo la ricorrente possa essere annoverata in una delle categorie previste dall’art. 1 della citata legge n. 1423/56.

Deve inoltre rilevarsi che, come anticipato, il provvedimento impugnato, oltre a far riferimento all’attività di prostituzione, richiama alcuni precedenti di polizia concernenti l’interessata, risultando la stessa indagata per sostituzione di persona e falsa attestazione a Pubblico Ufficiale sulla propria identità personale.

Anche in tal caso tuttavia i richiami sono generici, giacché non mettono assolutamente in luce a quale delle categorie di persone, di cui all’art. 1 della legge n. 1423/56, la destinataria del provvedimento sarebbe per ciò ascrivibile, né in che modo tali precedenti possano far ritenere che la stessa sia attualmente pericolosa per la sicurezza pubblica. Colgono pertanto nel segno le doglianze che lamentano, sotto tale profilo, il difetto di motivazione dell’atto in questa sede gravato.

In conclusione il ricorso deve essere accolto.

Le spese di giudizio seguono la regola generale della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie.

Condanna l’amministrazione intimata al pagamento delle spese processuali quantificate in Euro 600,00 oltre IVA e c.p.a. se dovuti, fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10/09/2009 con l'intervento dei Magistrati:

S. C. C., Presidente FF, Estensore

D. S., Referendario

F. F., Referendario

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/09/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

 

 

Sentenza T.A.R. Lombardia di Milano 17 settembre 2009, n. 4679.

 

 

 

 

 

 

Scritto il 20 settembre 2009

 

 

 

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