DASPO
URBANO SELAVAGGIO ANNULLATO
Il
Comune di Massa aveva aggiornato il suo Regolamento di Polizia Locale,
prevedendo per gli illeciti antiprostituzione del medesimo, anche il così detto
“Daspo Urbano” contro meretrici e rispettivi avvalenti, permesso dalla Legge 48/2017 (D.L. 14/2017).
Però, la suddetta sanzione accessoria era applicata oltretutto quando la
prostituzione sulle vie fosse praticata in modo generico e pacifico, senza aver
citato nel proprio testo la detta clausola del conseguente impedimento all’accesso
ed all’usufrutto delle aree protette in questione ed addirittura su tutto
il territorio Comunale connesso.
Per
questi motivi, il TAR della Toscana con la Sentenza n. 1275/2020
ha dichiarato la succitata normativa locale non conforme ai principi generali
dell’Ordinamento, cancellando i suddetti divieti “selvaggi”, facendo in modo
che i medesimi possano essere eseguiti solo con comportamenti di meretricio su
strada ostentato, il quale causi l’impossibilità d’accesso alle aree protette,
stabilite nei corrispondenti Regolamenti di Polizia Locale e non su tutto il
relativo territorio comunale, come chiaramente espresso dalla legge nazionale
disciplinante in questione.
S’elenca
di seguito la Sentenza del summenzionato organo giudicante amministrativo
regionale.
Pubblicato il 23/10/2020
N. 01275/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01258/2019 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1258 del 2019,
proposto da
“Associazione Radicale Certi Diritti”, “Comitato per i
Diritti Civili delle Prostitute – Onlus Organizzazione non lucrativa di utilità
sociale”, in
persona dei legali rappresentanti pro tempore,
rappresentate e difese dagli avvocati C. F., S. V., D. C., G.C., con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Massa, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F. P., M. P., con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo
studio D. I. in (omissis);
per l'annullamento
- del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Massa
approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 15.05.2014, come
modificato con delibera del Consiglio comunale n. 140 del 24.07.2019 pubblicata
nell'Albo on-line del Comune di Massa in data 26.07.2019 e consultabile sul
sito ufficiale sino al 09.08.2019, limitatamente all'articolo 12 recante
“Prostituzione”, con il quale viene fatto divieto su tutto il territorio
comunale di: “a) porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad
offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell'assunzione di
atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere
abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo. La violazione si
concretizza con lo stazionamento e/o l'appostamento della persona e/o l'adescamento
di clienti e l'intrattenimento con essi e/o con qualsiasi ulteriore
atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l'abbigliamento, suscettibili
di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione;
b) richiedere informazioni a soggetti che pongano in essere i comportamenti
descritti al precedente punto a) e/o di concordare con gli stessi
l'acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento; c) alla guida di veicoli,
di eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale al
fine di porre in essere i comportamenti descritti al punto b)” e con il quale
viene stabilito, per la violazione delle disposizioni di cui ai punti a) e b),
l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 450,00 nonché
l'ordine di allontanamento di cui all'art. 10 del D.L. 20.02.2017 n. 14
convertito con modificazioni, nella L. 18.04.2017 n. 48, mentre per la
violazione prevista al punto c), l'irrogazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie previste dal D.lgs. 30.04.1992 n. 285 (Codice della Strada), e in
specie la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 41,00 ad un
massimo di € 168,00, aumentata di 1/3 qualora la violazione venga accertata
nell'orario 22,00-07,00, nonché l'ordine di allontanamento di cui all'art. 10
del D.L. n.14/2017; - di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale,
ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di
Massa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre
2020 il consigliere L. V. e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con deliberazione 24 luglio 2019, n. 140, il Consiglio
comunale di Massa approvava una serie di modificazioni al proprio Regolamento
di Polizia Urbana già approvato con la precedente deliberazione 15 maggio 2014,
n. 25; la nuova versione del Regolamento di Polizia Urbana recava una
previsione (l’art. 12) dedicata al fenomeno della prostituzione dal seguente
tenore: << nel territorio comunale sono vietati i seguenti comportamenti:
a) porre in essere comportamenti diretti in modo non
equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione
di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel
mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo. La
violazione si concretizza con lo stazionamento e/o l’appostamento della persona
e/o l’adescamento di clienti e l’intrattenimento con essi e/o con qualsiasi
ulteriore atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l’abbigliamento,
suscettibili di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la
prostituzione;
b) richiedere informazioni a soggetti che pongano in
essere i comportamenti descritti al precedente punto a) e/o di concordare con
gli stessi l’acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento;
c) alla guida di veicoli, di eseguire manovre
pericolose o di intralcio alla circolazione stradale al fine di porre in essere
i comportamenti descritti al punto b).
Per la violazione delle disposizioni contenute ai
punti a) e b) del presente articolo si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria del pagamento di una somma in misura ridotta di € 450,00, nonché
l’ulteriore ordine di allontanamento di cui all’art. 10 del D.L. 20/02/2017, n.
14 convertito con modificazioni, nella L. 18/04/2017, n. 48, secondo le
modalità della norma legislativa citata>>.
La detta disposizione era impugnata dall’associazione
Certi Diritti e dal Comitato per i diritti civili delle prostitute (ambedue
caratterizzati da previsioni statutarie prevedenti la tutela delle persone che
pratichino la prostituzione) che articolavano censure di: 1) violazione e falsa
applicazione di legge ed in particolare dei principi generali dell’ordinamento
in tema di legalità delle fattispecie vietate e degli illeciti amministrativi,
violazione e falsa applicazione del principio di riserva di legge di cui
all’art. 1 della l. n. 689/1981 e 25 Cost., eccesso di potere per difetto dei
presupposti e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 2) violazione
e falsa applicazione di legge ed in particolare dei principi generali
dell’ordinamento in tema di legalità, tipicità e determinatezza delle
fattispecie vietate e degli illeciti amministrativi, eccesso di potere per
illogicità, contraddittorietà ed arbitrarietà manifeste, violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 della l. n. 689/1981, violazione del diritto
costituzionale alla difesa; 3) violazione del principio di ragionevolezza e di
proporzionalità, sub specie di violazione dei principi costituzionali di
imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.),
nonché del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 della Legge n. 241/90, eccesso di potere sotto il
profilo dell'inefficacia e/o incongruità del Regolamento al raggiungimento
dello scopo, illogicità e ingiustizia manifeste, inadeguatezza nei confronti
del soggetto onerato, eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della
causa tipica, eccesso di potere per violazione del principio di graduazione
della sanzione; 4) violazione di legge per violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 D.lgs. n. 267/2000, violazione degli artt. 2, 3, 13, 14, 15, 16 e
21 Cost.; 5) violazione di legge per
violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 50
comma 7-ter e 54 comma 4-bis D.lgs. n. 267/2000, eccesso di potere e
incompetenza, violazione
degli articoli 2,3, 13, 14, 15 16 e 21 della
Costituzione, istanza di rimessione alla Corte Costituzionale in ordine ai
denunciati profili di
illegittimità costituzionale.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale
di Massa, controdeducendo sul merito del ricorso ed articolando eccezione
preliminare di inammissibilità del ricorso, sotto plurimi profili.
In via preliminare, la Sezione deve rilevare, pur
trattandosi di profilo non espressamente contestato dalla difesa
dell’Amministrazione comunale di Massa, come sussista la legittimazione delle
associazioni ricorrenti ad impugnare la nuova previsione in materia di
repressione della prostituzione prevista dal nuovo Regolamento di Polizia
Urbana di Massa; a questo proposito, merita, infatti, sicuramente adesione
quanto rilevato da una recente decisione in forma abbreviata del T.A.R. per il
Lazio, sede di Roma in ordine alla sicura legittimazione delle due ricorrenti
ad impugnare previsioni sanzionatorie dell’esercizio della prostituzione
caratterizzate da contenuto del tutto analogo a quelle impugnate in questa
sede: << per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni
specifiche) spetta al Giudice verificare, caso per caso, la ricorrenza di un
interesse, idoneo a radicare legittimazione processuale, in capo ai soggetti
portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, i quali
devono comunque risultare sufficientemente differenziati e qualificati,
rispetto agli interessi dei singoli associati ovvero alla generalità dei consociati
di un determinato territorio, perché ad essi, appunto, possa riconoscersi il
potere di agire legittimamente in giudizio;
- dall’analisi della documentazione versata in atti
dalla parte ricorrente e, segnatamente, dai rispettivi statuti, emerge che sia l’associazione
che il comitato perseguono specifiche finalità di promozione dei diritti e
tutela delle persone e, in specie delle donne, coinvolte nel fenomeno della
prostituzione, nonché di salvaguardia della sfera di autodeterminazione
sessuale, attraverso iniziative, di sovente congiunte ed estese a tutto il
territorio nazionale, che includono anche “l’assistenza legale e la
presentazione in giudizio”;
- i sopra indicati elementi associati alle ulteriori
evidenze in atti consentono di rilevare la sussistenza di un interesse diffuso,
connotato da autonomo rilievo, di cui viene dedotta e allegata la lesione
attraverso l’adozione dell’ordinanza impugnata, la cui protezione rientra tra
le finalità statutarie delle ricorrenti, connotate da stabilità sul piano organizzativo
e operativo ed operanti su tutto il territorio nazionale;
- il contenuto prescrittivo e sanzionatorio
dell’ordinanza, riguardato ai fini della verifica in ordine alla sussistenza
delle condizioni dell’azione, evidenzia, in particolare, una diretta afferenza
con le finalità di protezione e tutela perseguite dall’associazione e dal
comitato, come reso evidente, tra l’altro, dalla formulazione – ampia e, per le
ragioni di seguito esposte, del tutto generica – della prescrizione che pone il
divieto, per chiunque e su tutto il territorio comunale, di assumere
“atteggiamenti” ovvero “modalità comportamentali” suscettibili non già di
denotare l’esercizio bensì di manifestare “l’intenzione” di esercitare il sex
work (espressamente: “comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire
prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità
comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che
manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare
l'attività di meretricio”), con comminatoria, in caso di inosservanza, della
sanzione pecuniaria di euro 500,00 (cinquecento/00), con carattere di
generalità e, dunque, astrattamente, anche nei confronti delle vittime dei
fenomeni di tratta e di sfruttamento>> (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis,
28 marzo 2019, n. 4175).
Completamente infondata risulta poi l’eccezione di
inammissibilità per difetto di interesse articolata dalla difesa
dell’Amministrazione comunale di Massa e radicata sul fatto che si tratterebbe
di <<provvedimento di carattere normativo non immediatamente
lesivo>>.
In realtà si tratta di eccezione già articolatamente
esaminata e respinta dalla Seconda Sezione di questo T.A.R. con una decisione
pienamente condivisa anche da questa Sezione e che risulta del tutto
sufficiente richiamare in questa sede: <<deve rilevarsi l’indubbia
ammissibilità del ricorso, in quanto le disposizioni con esso gravate, pur se
contenute in un regolamento, sono immediatamente esecutive, non necessitano di
atti applicativi per la loro operatività, imponendo obblighi immediatamente
coercitivi, e sono, per tal ragione, in grado di arrecare una lesione concreta
ed attuale all’interesse dei ricorrenti, inclusa la Confcommercio, quale
associazione di categoria, la cui legittimazione non è peraltro contestata dal
Comune. Si ricorda sul punto che, per costante la giurisprudenza (cfr., ex
multis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 17 giugno 2009, n. 4056), i
regolamenti possono formare oggetto di autonoma ed immediata impugnazione solo
qualora siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una
concreta ed attuale lesione dell’interesse di un dato soggetto: ciò che pare
indiscutibilmente essersi verificato nel caso de quo (cfr. T.A.R. Piemonte,
Sez. II, 19 luglio 2006, n. 2971, secondo cui c’è un interesse diretto,
concreto ed attuale di un’impresa ad impugnare il regolamento comunale di
polizia urbana allorché esso abbia un contenuto di per sé conformativo dei suoi
comportamenti in relazione all’attività notturna, impedendone l’esercizio). Al
carattere immediatamente lesivo delle disposizioni impugnate, non osta, poi, la
circostanza che per talune di esse sia stata formulata la censura di eccessiva
genericità dei divieti e degli obblighi di comportamento imposti: ed invero, un
conto è che una disposizione sia immediatamente precettiva, vincolando il
destinatario alla sua osservanza senza necessità di atti applicativi, altra
cosa è che ci si lamenti del carattere troppo lato dei divieti o degli obblighi
positivi con essa dettati. Ciò che rileva, ai fini
dell’affermazione di un onere, per i ricorrenti, di
immediata impugnazione delle disposizioni regolamentari suindicate, è che si
tratta di disposizioni nuove, assolutamente cogenti per la condotta futura dei
titolari degli esercizi di somministrazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez.
I, 19 ottobre 2009, n. 1629), le quali pongono precisi adempimenti a carico dei
medesimi (cfr. C.d.S., Sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6165)>> (T.A.R.
Toscana, sez. II, 19 marzo 2010, n. 702; nello stesso senso, si veda anche
T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 1° luglio 2015, n. 905).
La difesa dell’Amministrazione comunale di Massa ha
poi rilevato come la disposizione oggi impugnata non sia per nulla
caratterizzata dal contenuto innovativo, essendo, in buona sostanza,
riproduttiva di precedenti disposizioni (che peraltro avrebbero già ricevuto
applicazione in sede sanzionatoria); sulla base di tale rilevazione, ha quindi
articolato ulteriore eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso.
L’eccezione risulta però solo parzialmente fondata e
deve trovare accoglimento nei limiti e con le precisazioni più oltre
richiamate.
Prescindendo dall’esame dell’ordinanza 12 agosto 2011,
n. 101 del Sindaco di Massa (che, in realtà, si presentava strutturalmente
diversa, non investendo l’intero territorio comunale, ma solo un
<<perimetro>> precisamente individuato), la precedente versione del
Regolamento di Polizia Urbana approvata con deliberazione 15 maggio 2014, n. 25
del Consiglio comunale recava già una previsione (l’art. 56) destinata alla
disciplina del fenomeno e caratterizzata dal contenuto assolutamente analogo.
La comparazione tra le due disposizioni evidenzia un
contenuto assolutamente sovrapponibile (in molti punti, letteralmente identico)
che giustifica sostanzialmente (con l’eccezione che dopo si dirà) il giudizio
di sostanziale identità tra le due disposizioni articolato dalla difesa
dell’Amministrazione comunale di Massa (che tende a vedere, nella fattispecie,
solo una modificazione “sistematica” derivante dall’inserimento della
previsione nella parte di apertura del Regolamento).
Ed in effetti, le poche differenziazioni tra le due
previsioni, per quello che riguarda la descrizione delle fattispecie
sanzionatorie, si esauriscono nella precisazione <<la violazione si
concretizza con lo stazionamento e/o l’appostamento della persona e/o
l’adescamento di clienti e l’intrattenimento con essi e/o con qualsiasi
ulteriore atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l’abbigliamento,
suscettibili di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la
prostituzione>> per quello che riguarda l’ipotesi sub a) e
nell’espressa previsione del fatto di <<concordare con gli stessi
l’acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento>> con riferimento alla
fattispecie sub b) della previsione sanzionatoria.
Con tutta evidenza, si tratta quindi di mere
precisazioni che, non solo non modificano sostanzialmente la descrizione delle
due fattispecie sanzionatorie, ma che anzi ne aumentano, se possibile, il grado
di tassatività (unico profilo, in cui si estrinseca, nella fattispecie, la
garanzia della riserva di legge: T.A.R. Toscana, sez. II, 19 marzo 2010, n.
702; T.A.R. Veneto, sez. I, 8 marzo 2017, n. 237); proprio per effetto della
finalizzazione ad una migliore descrizione della violazione in ossequio del
principio di tassatività, si tratta pertanto di modificazioni con riferimento
alle quali non può essere riconosciuto alle due associazioni ricorrenti un
qualche interesse all’impugnazione.
Discorso sostanzialmente diverso per quello che
riguarda il trattamento sanzionatorio.
A questo proposito, l’unico profilo lesivo sollevato
dalle ricorrenti si esaurisce nella contestazione della previsione che prevede
l’applicazione al trasgressore dell’ordine di allontanamento di cui all’art. 10
del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48 (in realtà,
dall’art. 9, 1°comma, secondo periodo e 2° comma del decreto legge); dalla
formulazione regolamentare sembra poi trattarsi di una conseguenza automatica
della violazione e che prescinde del tutto dal luogo di commissione
dell’infrazione.
Con tutta evidenza, si tratta di una previsione
innovativa che non era prevista dall’art. 56 del previgente regolamento di
Polizia Urbana approvato con delib. 15 maggio 2014, n. 25 del Consiglio
comunale di Massa; e del resto, non poteva essere diversamente, visto che
all’epoca non era ovviamente ancora intervenuto il d.l. 20 febbraio 2017, n.
14.
Come esattamente rilevato dalle ricorrenti, la
sanzione dell’allontanamento di cui all’art. 9, 1° comma secondo periodo del
d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48 non risulta
applicabile sull’intero territorio urbano, ma solo sulle aree destinate alle
infrastrutture di cui al primo comma della disposizione o alle aree
espressamente individuate dai regolamenti di polizia urbana e su cui insistano
<<presidi sanitari, scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei,
aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi
della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ..(o
alle) aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli,
ovvero adibite a verde pubblico>> (art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio
2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48).
Siamo pertanto in presenza di una sistematica che
prevede la potestà comunale di estendere l’applicabilità della sanzione
dell’allontanamento, ma solo nei limiti previsti dall’art. 9, 3° comma del d.l.
20 febbraio 2017, n. 14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48); risulta pertanto
assolutamente al di fuori del sistema la previsione di una sanzione, in teoria,
indiscriminatamente applicabile sull’intero territorio comunale.
Quanto sopra rilevato esclude poi che possa trovare
accoglimento l’eccezione, articolata dalla difesa dell’Amministrazione comunale
di Massa e radicata sull’omessa impugnazione della previsione dell’art. 9, 4°
comma del nuovo Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24
luglio 2019, n. 140; a ben guardare, il richiamato art. 9 del nuovo regolamento
opera, infatti, proprio l’individuazione degli ambiti del territorio comunale
cui risulta applicabile la sanzione dell’allontanamento e si muove pertanto nei
limiti previsti dal già citato art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n.
14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48), mentre la previsione dell’art. 12, 2°
comma si muove nella diversa (ed illegittima) logica dell’estensione della
sanzione all’intero territorio comunale, ove si sia in presenza della
commissione della violazione amministrativa “principale” tesa penalizzare
l’esercizio della prostituzione.
In buona sostanza, si tratta pertanto di previsioni
che si muovono in una logica diversa; la previsione dell’art. 9 del nuovo
Regolamento di Polizia Urbana dell’Amministrazione comunale di Massa rimane
ancorata alla sistematica dell’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n.
14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48), prevedendo l’applicazione della
sanzione accessoria dell’allontanamento dal territorio comunale solo con
riferimento a comportamenti (accattonaggio, atti contrari alla pubblica
decenza; ecc.) tenuti nelle zone del territorio comunale specificamente
indicate ai commi 1 e 1-bis della disposizione; la previsione dell’art.
12 si muove al contrario nel senso dell’applicazione della sanzione accessoria
dell’allontanamento dal territorio comunale, ove sia stata commessa la
violazione “principale” relativa all’esercizio della prostituzione ed il tutto
indipendentemente da una qualche valutazione in ordine al luogo di commissione
della violazione.
In definitiva, il ricorso deve pertanto, in parte,
essere dichiarato inammissibile ed in parte, deve essere accolto, con
conseguenziale annullamento della previsione di cui all’art. 12, 2° comma del
Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24 luglio 2019, n.
140, nella parte in cui richiama l’applicabilità della sanzione
dell’allontanamento di cui all’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n.
14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48; ovviamente, l’annullamento della
previsione non esplica effetti sulla diversa previsione di cui all’art. 9 del
Regolamento di Polizia Urbana dell’Amministrazione comunale di Massa che resta
non impugnata dalle ricorrenti, con conseguenziale possibilità di applicare la
sanzione dell’allontanamento dal territorio comunale agli <<atti che
offendano la pubblica decenza>> commessi nelle aree specificamente
individuate ai sensi dei commi 1 e 1-bis della disposizione.
La reciproca soccombenza permette di procedere alla
compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, in parte, lo dichiara inammissibile ed in parte lo accoglie, come da
motivazione e, per l’effetto, dispone l’annullamento dell’art. 12, 2° comma del
Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24 luglio 2019, n.
140, nella parte in cui richiama l’applicabilità della sanzione
dell’allontanamento di cui all’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n.
14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del
giorno 21 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:
M. A., Presidente
L. V., Consigliere, Estensore
R. G., Consigliere
L'ESTENSORE - IL PRESIDENTE
L. V. -
M. A.
IL SEGRETARIO
Scritto il 5 novembre 2020