DASPO URBANO SELAVAGGIO ANNULLATO

 

 

Il Comune di Massa aveva aggiornato il suo Regolamento di Polizia Locale, prevedendo per gli illeciti antiprostituzione del medesimo, anche il così detto “Daspo Urbano” contro meretrici e rispettivi avvalenti, permesso dalla Legge 48/2017 (D.L. 14/2017). Però, la suddetta sanzione accessoria era applicata oltretutto quando la prostituzione sulle vie fosse praticata in modo generico e pacifico, senza aver citato nel proprio testo la detta clausola del conseguente impedimento all’accesso ed all’usufrutto delle aree protette in questione ed addirittura su tutto il territorio Comunale connesso.

Per questi motivi, il TAR della Toscana con la Sentenza n. 1275/2020 ha dichiarato la succitata normativa locale non conforme ai principi generali dell’Ordinamento, cancellando i suddetti divieti “selvaggi”, facendo in modo che i medesimi possano essere eseguiti solo con comportamenti di meretricio su strada ostentato, il quale causi l’impossibilità d’accesso alle aree protette, stabilite nei corrispondenti Regolamenti di Polizia Locale e non su tutto il relativo territorio comunale, come chiaramente espresso dalla legge nazionale disciplinante in questione.

S’elenca di seguito la Sentenza del summenzionato organo giudicante amministrativo regionale.

 

 

 

 

 

Pubblicato il 23/10/2020

N. 01275/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01258/2019 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1258 del 2019, proposto da

“Associazione Radicale Certi Diritti”, “Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute – Onlus Organizzazione non lucrativa di utilità sociale”, in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati C. F., S. V., D. C., G.C., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Massa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F. P., M. P., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio D. I. in (omissis);

per l'annullamento

- del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Massa approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 15.05.2014, come modificato con delibera del Consiglio comunale n. 140 del 24.07.2019 pubblicata nell'Albo on-line del Comune di Massa in data 26.07.2019 e consultabile sul sito ufficiale sino al 09.08.2019, limitatamente all'articolo 12 recante “Prostituzione”, con il quale viene fatto divieto su tutto il territorio comunale di: “a) porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell'assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo. La violazione si concretizza con lo stazionamento e/o l'appostamento della persona e/o l'adescamento di clienti e l'intrattenimento con essi e/o con qualsiasi ulteriore atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l'abbigliamento, suscettibili di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione; b) richiedere informazioni a soggetti che pongano in essere i comportamenti descritti al precedente punto a) e/o di concordare con gli stessi l'acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento; c) alla guida di veicoli, di eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale al fine di porre in essere i comportamenti descritti al punto b)” e con il quale viene stabilito, per la violazione delle disposizioni di cui ai punti a) e b), l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 450,00 nonché l'ordine di allontanamento di cui all'art. 10 del D.L. 20.02.2017 n. 14 convertito con modificazioni, nella L. 18.04.2017 n. 48, mentre per la violazione prevista al punto c), l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal D.lgs. 30.04.1992 n. 285 (Codice della Strada), e in specie la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di € 41,00 ad un massimo di € 168,00, aumentata di 1/3 qualora la violazione venga accertata nell'orario 22,00-07,00, nonché l'ordine di allontanamento di cui all'art. 10 del D.L. n.14/2017; - di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Massa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2020 il consigliere L. V. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con deliberazione 24 luglio 2019, n. 140, il Consiglio comunale di Massa approvava una serie di modificazioni al proprio Regolamento di Polizia Urbana già approvato con la precedente deliberazione 15 maggio 2014, n. 25; la nuova versione del Regolamento di Polizia Urbana recava una previsione (l’art. 12) dedicata al fenomeno della prostituzione dal seguente tenore: << nel territorio comunale sono vietati i seguenti comportamenti:

a) porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo. La violazione si concretizza con lo stazionamento e/o l’appostamento della persona e/o l’adescamento di clienti e l’intrattenimento con essi e/o con qualsiasi ulteriore atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l’abbigliamento, suscettibili di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione;

b) richiedere informazioni a soggetti che pongano in essere i comportamenti descritti al precedente punto a) e/o di concordare con gli stessi l’acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento;

c) alla guida di veicoli, di eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale al fine di porre in essere i comportamenti descritti al punto b).

Per la violazione delle disposizioni contenute ai punti a) e b) del presente articolo si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma in misura ridotta di € 450,00, nonché l’ulteriore ordine di allontanamento di cui all’art. 10 del D.L. 20/02/2017, n. 14 convertito con modificazioni, nella L. 18/04/2017, n. 48, secondo le modalità della norma legislativa citata>>.

La detta disposizione era impugnata dall’associazione Certi Diritti e dal Comitato per i diritti civili delle prostitute (ambedue caratterizzati da previsioni statutarie prevedenti la tutela delle persone che pratichino la prostituzione) che articolavano censure di: 1) violazione e falsa applicazione di legge ed in particolare dei principi generali dell’ordinamento in tema di legalità delle fattispecie vietate e degli illeciti amministrativi, violazione e falsa applicazione del principio di riserva di legge di cui all’art. 1 della l. n. 689/1981 e 25 Cost., eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 2) violazione e falsa applicazione di legge ed in particolare dei principi generali dell’ordinamento in tema di legalità, tipicità e determinatezza delle fattispecie vietate e degli illeciti amministrativi, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà ed arbitrarietà manifeste, violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 689/1981, violazione del diritto costituzionale alla difesa; 3) violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità, sub specie di violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), nonché del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Legge n. 241/90, eccesso di potere sotto il profilo dell'inefficacia e/o incongruità del Regolamento al raggiungimento dello scopo, illogicità e ingiustizia manifeste, inadeguatezza nei confronti del soggetto onerato, eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della causa tipica, eccesso di potere per violazione del principio di graduazione della sanzione; 4) violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.lgs. n. 267/2000, violazione degli artt. 2, 3, 13, 14, 15, 16 e 21 Cost.; 5) violazione di legge per

violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 50 comma 7-ter e 54 comma 4-bis D.lgs. n. 267/2000, eccesso di potere e incompetenza, violazione

degli articoli 2,3, 13, 14, 15 16 e 21 della Costituzione, istanza di rimessione alla Corte Costituzionale in ordine ai denunciati profili di

illegittimità costituzionale.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale di Massa, controdeducendo sul merito del ricorso ed articolando eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso, sotto plurimi profili.

In via preliminare, la Sezione deve rilevare, pur trattandosi di profilo non espressamente contestato dalla difesa dell’Amministrazione comunale di Massa, come sussista la legittimazione delle associazioni ricorrenti ad impugnare la nuova previsione in materia di repressione della prostituzione prevista dal nuovo Regolamento di Polizia Urbana di Massa; a questo proposito, merita, infatti, sicuramente adesione quanto rilevato da una recente decisione in forma abbreviata del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma in ordine alla sicura legittimazione delle due ricorrenti ad impugnare previsioni sanzionatorie dell’esercizio della prostituzione caratterizzate da contenuto del tutto analogo a quelle impugnate in questa sede: << per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche) spetta al Giudice verificare, caso per caso, la ricorrenza di un interesse, idoneo a radicare legittimazione processuale, in capo ai soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, i quali devono comunque risultare sufficientemente differenziati e qualificati, rispetto agli interessi dei singoli associati ovvero alla generalità dei consociati di un determinato territorio, perché ad essi, appunto, possa riconoscersi il potere di agire legittimamente in giudizio;

- dall’analisi della documentazione versata in atti dalla parte ricorrente e, segnatamente, dai rispettivi statuti, emerge che sia l’associazione che il comitato perseguono specifiche finalità di promozione dei diritti e tutela delle persone e, in specie delle donne, coinvolte nel fenomeno della prostituzione, nonché di salvaguardia della sfera di autodeterminazione sessuale, attraverso iniziative, di sovente congiunte ed estese a tutto il territorio nazionale, che includono anche “l’assistenza legale e la presentazione in giudizio”;

- i sopra indicati elementi associati alle ulteriori evidenze in atti consentono di rilevare la sussistenza di un interesse diffuso, connotato da autonomo rilievo, di cui viene dedotta e allegata la lesione attraverso l’adozione dell’ordinanza impugnata, la cui protezione rientra tra le finalità statutarie delle ricorrenti, connotate da stabilità sul piano organizzativo e operativo ed operanti su tutto il territorio nazionale;

- il contenuto prescrittivo e sanzionatorio dell’ordinanza, riguardato ai fini della verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, evidenzia, in particolare, una diretta afferenza con le finalità di protezione e tutela perseguite dall’associazione e dal comitato, come reso evidente, tra l’altro, dalla formulazione – ampia e, per le ragioni di seguito esposte, del tutto generica – della prescrizione che pone il divieto, per chiunque e su tutto il territorio comunale, di assumere “atteggiamenti” ovvero “modalità comportamentali” suscettibili non già di denotare l’esercizio bensì di manifestare “l’intenzione” di esercitare il sex work (espressamente: “comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare l'attività di meretricio”), con comminatoria, in caso di inosservanza, della sanzione pecuniaria di euro 500,00 (cinquecento/00), con carattere di generalità e, dunque, astrattamente, anche nei confronti delle vittime dei fenomeni di tratta e di sfruttamento>> (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, 28 marzo 2019, n. 4175).

Completamente infondata risulta poi l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse articolata dalla difesa dell’Amministrazione comunale di Massa e radicata sul fatto che si tratterebbe di <<provvedimento di carattere normativo non immediatamente lesivo>>.

In realtà si tratta di eccezione già articolatamente esaminata e respinta dalla Seconda Sezione di questo T.A.R. con una decisione pienamente condivisa anche da questa Sezione e che risulta del tutto sufficiente richiamare in questa sede: <<deve rilevarsi l’indubbia ammissibilità del ricorso, in quanto le disposizioni con esso gravate, pur se contenute in un regolamento, sono immediatamente esecutive, non necessitano di atti applicativi per la loro operatività, imponendo obblighi immediatamente coercitivi, e sono, per tal ragione, in grado di arrecare una lesione concreta ed attuale all’interesse dei ricorrenti, inclusa la Confcommercio, quale associazione di categoria, la cui legittimazione non è peraltro contestata dal Comune. Si ricorda sul punto che, per costante la giurisprudenza (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 17 giugno 2009, n. 4056), i regolamenti possono formare oggetto di autonoma ed immediata impugnazione solo qualora siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una concreta ed attuale lesione dell’interesse di un dato soggetto: ciò che pare indiscutibilmente essersi verificato nel caso de quo (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. II, 19 luglio 2006, n. 2971, secondo cui c’è un interesse diretto, concreto ed attuale di un’impresa ad impugnare il regolamento comunale di polizia urbana allorché esso abbia un contenuto di per sé conformativo dei suoi comportamenti in relazione all’attività notturna, impedendone l’esercizio). Al carattere immediatamente lesivo delle disposizioni impugnate, non osta, poi, la circostanza che per talune di esse sia stata formulata la censura di eccessiva genericità dei divieti e degli obblighi di comportamento imposti: ed invero, un conto è che una disposizione sia immediatamente precettiva, vincolando il destinatario alla sua osservanza senza necessità di atti applicativi, altra cosa è che ci si lamenti del carattere troppo lato dei divieti o degli obblighi positivi con essa dettati. Ciò che rileva, ai fini

dell’affermazione di un onere, per i ricorrenti, di immediata impugnazione delle disposizioni regolamentari suindicate, è che si tratta di disposizioni nuove, assolutamente cogenti per la condotta futura dei titolari degli esercizi di somministrazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 19 ottobre 2009, n. 1629), le quali pongono precisi adempimenti a carico dei medesimi (cfr. C.d.S., Sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6165)>> (T.A.R. Toscana, sez. II, 19 marzo 2010, n. 702; nello stesso senso, si veda anche T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 1° luglio 2015, n. 905).

La difesa dell’Amministrazione comunale di Massa ha poi rilevato come la disposizione oggi impugnata non sia per nulla caratterizzata dal contenuto innovativo, essendo, in buona sostanza, riproduttiva di precedenti disposizioni (che peraltro avrebbero già ricevuto applicazione in sede sanzionatoria); sulla base di tale rilevazione, ha quindi articolato ulteriore eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso.

L’eccezione risulta però solo parzialmente fondata e deve trovare accoglimento nei limiti e con le precisazioni più oltre richiamate.

Prescindendo dall’esame dell’ordinanza 12 agosto 2011, n. 101 del Sindaco di Massa (che, in realtà, si presentava strutturalmente diversa, non investendo l’intero territorio comunale, ma solo un <<perimetro>> precisamente individuato), la precedente versione del Regolamento di Polizia Urbana approvata con deliberazione 15 maggio 2014, n. 25 del Consiglio comunale recava già una previsione (l’art. 56) destinata alla disciplina del fenomeno e caratterizzata dal contenuto assolutamente analogo.

La comparazione tra le due disposizioni evidenzia un contenuto assolutamente sovrapponibile (in molti punti, letteralmente identico) che giustifica sostanzialmente (con l’eccezione che dopo si dirà) il giudizio di sostanziale identità tra le due disposizioni articolato dalla difesa dell’Amministrazione comunale di Massa (che tende a vedere, nella fattispecie, solo una modificazione “sistematica” derivante dall’inserimento della previsione nella parte di apertura del Regolamento).

Ed in effetti, le poche differenziazioni tra le due previsioni, per quello che riguarda la descrizione delle fattispecie sanzionatorie, si esauriscono nella precisazione <<la violazione si concretizza con lo stazionamento e/o l’appostamento della persona e/o l’adescamento di clienti e l’intrattenimento con essi e/o con qualsiasi ulteriore atteggiamento o modalità comportamentali, incluso l’abbigliamento, suscettibili di ingenerare la convinzione che la stessa stia esercitando la prostituzione>> per quello che riguarda l’ipotesi sub a) e nell’espressa previsione del fatto di <<concordare con gli stessi l’acquisizione di prestazioni sessuali a pagamento>> con riferimento alla fattispecie sub b) della previsione sanzionatoria.

Con tutta evidenza, si tratta quindi di mere precisazioni che, non solo non modificano sostanzialmente la descrizione delle due fattispecie sanzionatorie, ma che anzi ne aumentano, se possibile, il grado di tassatività (unico profilo, in cui si estrinseca, nella fattispecie, la garanzia della riserva di legge: T.A.R. Toscana, sez. II, 19 marzo 2010, n. 702; T.A.R. Veneto, sez. I, 8 marzo 2017, n. 237); proprio per effetto della finalizzazione ad una migliore descrizione della violazione in ossequio del principio di tassatività, si tratta pertanto di modificazioni con riferimento alle quali non può essere riconosciuto alle due associazioni ricorrenti un qualche interesse all’impugnazione.

Discorso sostanzialmente diverso per quello che riguarda il trattamento sanzionatorio.

A questo proposito, l’unico profilo lesivo sollevato dalle ricorrenti si esaurisce nella contestazione della previsione che prevede l’applicazione al trasgressore dell’ordine di allontanamento di cui all’art. 10 del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48 (in realtà, dall’art. 9, 1°comma, secondo periodo e 2° comma del decreto legge); dalla formulazione regolamentare sembra poi trattarsi di una conseguenza automatica della violazione e che prescinde del tutto dal luogo di commissione dell’infrazione.

Con tutta evidenza, si tratta di una previsione innovativa che non era prevista dall’art. 56 del previgente regolamento di Polizia Urbana approvato con delib. 15 maggio 2014, n. 25 del Consiglio comunale di Massa; e del resto, non poteva essere diversamente, visto che all’epoca non era ovviamente ancora intervenuto il d.l. 20 febbraio 2017, n. 14.

Come esattamente rilevato dalle ricorrenti, la sanzione dell’allontanamento di cui all’art. 9, 1° comma secondo periodo del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48 non risulta applicabile sull’intero territorio urbano, ma solo sulle aree destinate alle infrastrutture di cui al primo comma della disposizione o alle aree espressamente individuate dai regolamenti di polizia urbana e su cui insistano <<presidi sanitari, scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ..(o alle) aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici spettacoli, ovvero adibite a verde pubblico>> (art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48).

Siamo pertanto in presenza di una sistematica che prevede la potestà comunale di estendere l’applicabilità della sanzione dell’allontanamento, ma solo nei limiti previsti dall’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48); risulta pertanto assolutamente al di fuori del sistema la previsione di una sanzione, in teoria, indiscriminatamente applicabile sull’intero territorio comunale.

Quanto sopra rilevato esclude poi che possa trovare accoglimento l’eccezione, articolata dalla difesa dell’Amministrazione comunale di Massa e radicata sull’omessa impugnazione della previsione dell’art. 9, 4° comma del nuovo Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24 luglio 2019, n. 140; a ben guardare, il richiamato art. 9 del nuovo regolamento opera, infatti, proprio l’individuazione degli ambiti del territorio comunale cui risulta applicabile la sanzione dell’allontanamento e si muove pertanto nei limiti previsti dal già citato art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48), mentre la previsione dell’art. 12, 2° comma si muove nella diversa (ed illegittima) logica dell’estensione della sanzione all’intero territorio comunale, ove si sia in presenza della commissione della violazione amministrativa “principale” tesa penalizzare l’esercizio della prostituzione.

In buona sostanza, si tratta pertanto di previsioni che si muovono in una logica diversa; la previsione dell’art. 9 del nuovo Regolamento di Polizia Urbana dell’Amministrazione comunale di Massa rimane ancorata alla sistematica dell’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14 (conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48), prevedendo l’applicazione della sanzione accessoria dell’allontanamento dal territorio comunale solo con riferimento a comportamenti (accattonaggio, atti contrari alla pubblica decenza; ecc.) tenuti nelle zone del territorio comunale specificamente indicate ai commi 1 e 1-bis della disposizione; la previsione dell’art. 12 si muove al contrario nel senso dell’applicazione della sanzione accessoria dell’allontanamento dal territorio comunale, ove sia stata commessa la violazione “principale” relativa all’esercizio della prostituzione ed il tutto indipendentemente da una qualche valutazione in ordine al luogo di commissione della violazione.

In definitiva, il ricorso deve pertanto, in parte, essere dichiarato inammissibile ed in parte, deve essere accolto, con conseguenziale annullamento della previsione di cui all’art. 12, 2° comma del Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24 luglio 2019, n. 140, nella parte in cui richiama l’applicabilità della sanzione dell’allontanamento di cui all’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48; ovviamente, l’annullamento della previsione non esplica effetti sulla diversa previsione di cui all’art. 9 del Regolamento di Polizia Urbana dell’Amministrazione comunale di Massa che resta non impugnata dalle ricorrenti, con conseguenziale possibilità di applicare la sanzione dell’allontanamento dal territorio comunale agli <<atti che offendano la pubblica decenza>> commessi nelle aree specificamente individuate ai sensi dei commi 1 e 1-bis della disposizione.

La reciproca soccombenza permette di procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte, lo dichiara inammissibile ed in parte lo accoglie, come da motivazione e, per l’effetto, dispone l’annullamento dell’art. 12, 2° comma del Regolamento di Polizia Urbana approvato con la deliberazione 24 luglio 2019, n. 140, nella parte in cui richiama l’applicabilità della sanzione dell’allontanamento di cui all’art. 9, 3° comma del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. in l. 18 aprile 2017, n. 48.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

M. A., Presidente

L. V., Consigliere, Estensore

R. G., Consigliere

L'ESTENSORE - IL PRESIDENTE

L. V.           -           M. A.

IL SEGRETARIO

 

 

 

 

Scritto il 5 novembre 2020