DUE LUCCIOLE ASSOLTE DALLA CASSAZIONE
Nuovamente, la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 17616/2019 s’è espressa a favore di chi
ha subito la sanzione penale per la violazione dei dettami del Foglio di Via Obbligatorio, emesso ai
sensi del D.Lgs 159/2011.
Lo stesso Organo Supremo Giudicante ha ribadito
nella sua giurisprudenza costante in merito che tale provvedimento può essere
giustificativo per le meretrici su strada esclusivamente se queste compiono
comportamenti, che possono portare a connessi reati pericolosi per la pubblica
sicurezza, non certo per la pubblica moralità.
Si riporta di seguito
il testo della suddetta Sentenza.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17616 Anno 2019
Presidente: M. A. P.
Relatore: M. R.
Data Udienza: 20/02/2019
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
L. R. nato il (omissis)
D. D. nato il (omissis)
avverso la sentenza del 16/02/2018 del TRIBUNALE di MACERATA
visti gli atti, il provvedimento
impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal
Consigliere R. M.;
udito il Pubblico Ministero, in
persona del Sostituto Procuratore E. C. che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per
l'annullamento senza rinvio udito il difensore
E' presente l'avvocato C. A. del
foro di FERMO in difesa di:
L. R.
D. D.
insiste nei motivi del ricorso e ne chiede l'accoglimento
IN FATTO E
IN DIRITTO
1. Con sentenza
emessa in data 16 febbraio 2018 il Tribunale di Macerata ha affermato la penale
responsabilità di L. R. e D. D. in riferimento al reato di cui all'art. 76 co.3
d.Lgs. n. 159 del 2011.
Secondo la
contestazione, le due imputate - sottoposte alla misura di prevenzione del
foglio di via con divieto di far rientro in Civitanova Marche (provvedimenti
emessi in data 3 ottobre 2012 e 15 maggio 2014) per la durata di anni tre,
venivano sorprese nel territorio di detto comune in data 29 luglio 2015.
In motivazione,
premesso che le due imputate venivano sorprese in Civitanova Marche il 29
luglio del 2015 intente ad esercitare il meretricio, si ritiene che la mera
esistenza obiettiva del provvedimento questorile di allontanamento e la
conoscenza del medesimo da parte delle imputate integri la fattispecie di
reato.
2. Avverso
detta sentenza hanno proposto - con autonomi atti - ricorso immediato per
cassazione, a mezzo del comune difensore, L. R. e D. D., deducendo l'erronea
applicazione della legge incriminatrice.
Era stata
chiesta, in sede di merito, la disapplicazione dell'atto amministrativo
presupposto, atteso che i due decreti di allontanamento erano stati emessi con
motivazione del tutto inadeguata, risultando menzionata esclusivamente
l'attività di prostituzione svolta dalla L. e dalla D.
Si
rappresenta, pertanto, che sulla base di un ormai consolidato indirizzo
interpretativo di questa Corte ciò non può integrare alcuna delle fattispecie
tipiche di pericolosità prevista dall'attuale decreto legislativo n. 159 del
2011.
3. I
ricorsi sono fondati.
Questa
Corte, con orientamento cui il Collegio presta adesione (tra le molte, Sez. I
n. 41738 del 16.9.2014, rv 260515) ha affermato che lì dove il provvedimento
amministrativo di cui all'art. 2 legge n.1423 del 1956 (foglio di via
obbligatorio) sia motivato con esclusivo riferimento all'attività di
prostituzione, è doverosa la sua disapplicazione da parte del giudice penale
chiamato a pronunziarsi sulla ricorrenza dell'ipotesi di reato di cui
all'art. 2 co.2 I.1423/56 (attuale art. 76 co.3 d.Lgs. n.159 del 2011).
Ciò perché la stessa previsione di
legge che facoltizza la misura pone come presupposto dell'ordine di
allontanamento non un qualsivoglia comportamento 'pericoloso per la sicurezza
pubblica' (nozione che aprirebbe il
varco a forme incontrollabili di discrezionalità) ma una condotta pericolosa
che sia espressione delle riconosciute categorie criminologiche di cui al
precedente articolo 1 (n.1 soggetti
abitualmente dediti, sulla base di elementi di fatto, a traffici delittuosi/
n.2 soggetti che per condotta e tenore di vita debbano ritenersi, sulla base di
elementi di fatto, produttori di proventi derivanti da attività delittuose con
cui si sostengono, almeno in parte /n.3 soggetti dediti, sulla base di elementi
di fatto, alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo
l'integrità fisica o morale dei
minorenni, la sanità, sicurezza o tranquillità pubblica).
Ora, come
è stato già ritenuto nelle precedenti decisioni sul tema, è del tutto pacifico
che l'esercizio della prostituzione in sè non rientra tra le categorie delle
persone pericolose ai sensi della vigente normativa (già in base alla L. n. 327
del 1988 che ebbe ad eliminare il riferimento a coloro che svolgono
abitualmente attività contrarie alla morale pubblica ed al buon costume).
Né può
ritenersi condotta di reato quella consistente in fatti di 'adescamento',
stante la depenalizzazione operata con l’art. 81 del D.Lgs. 507/1999 della
fattispecie originariamente prevista dall'art. 5 co.1 legge n.75 del 1958.
Va poi
rilevato come sia anche del tutto certo che, pur nell'ambito delle categorie
contemplate dalla legge, il provvedimento amministrativo non possa essere
motivato con indicazione generica della categoria di pericolosità ritenuta
presente nel caso specifico, ma debba indicare gli elementi
concreti in fatto, riferibili al soggetto
interessato, sui quali il provvedimento è fondato.
Non può
ritenersi, dunque, che l'esercizio della prostituzione - in sé attività non
costituente reato - possa fondare l'emissione di un provvedimento di
allontanamento basato sulle ipotesi di cui al numero 1 dell'art. 1 (traffici
delittuosi) o numero 2 (vivere con provento di attività delittuose).
Ma neanche
tale attività può dar luogo alla 'iscrizione' del soggetto nella categoria di
cui all'art. 1 numero 3 della legge in parola, come evocato nei provvedimenti
posti a base della successiva condotta illecita (in termini di inottemperanza).
È del
tutto evidente, sul punto, che l'offesa o la messa in pericolo dei beni
indicati in detta norma (l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità,
sicurezza o tranquillità pubblica), per essere rilevante ai fini in parola,
deve discendere da veri e propri reati ascrivibili al soggetto, e non da
condotta in sé non costituente reato.
Ritenere
diversamente finirebbe invero, in modo del tutto inammissibile, per ripristinare
surrettiziamente, a questi fini, la categoria già soppressa dalla L. n. 327 del
1988.
Dal
chiarissimo testo di legge è poi rilevabile, in modo del tutto piano, che
eventuali reati, o comportamenti pericolosi, commessi da terze persone, sia pur occasionati dall'offerta
prostitutoria, non possono ricadere ai sensi di legge sul soggetto che si
prostituisce, a meno che l'offerta stessa non si concretizzi in condotte di
reato.
Ciò posto,
le doglianze mosse nei ricorsi risultano fondate, posto che l'illegittima
emissione del provvedimento amministrativo - disapplicabile per violazione di
legge e vizio di motivazione - rende insussistente la fattispecie di reato
oggetto di contestazione.
Da ciò
deriva l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto di
reato non sussiste.
P.Q.M.
Annulla
senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così
deciso il 20 febbraio 2019
Il
Consigliere estensore: R. M.
Il
Presidente: A. P. M.
Scritto l’11 giugno 2019