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LUCCIOLA GRAZIATA A CATANZARO

 

 

Con la Sentenza n. 301/2013 il TAR della Calabria sezione di Catanzaro, ha annullato il Foglio di Via Obbligatorio nei confronti di una prostituta stradale, che esercitava nel capoluogo calabro suddetto. Le motivazioni in merito sidentificano nel fatto che il meretricio in Italia non è reato e tale attività può essere considerata pericolosa solamente se questa viene esercitata in modo concretamente imprudente per la pubblica sicurezza e non certo poiché unicamente tale.

Si elenca di seguito il testo della relativa pronuncia.

 

 

 

 

N. 00301/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00284/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 284 del 2012, proposto da: M. I., rappresentato e difeso dagli avv. R. L., A. R., con domicilio eletto presso lo studio di A. R. in (omissis);

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Catanzaro, domiciliata in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;

per l'annullamento del provvedimento n. 79/catx/mp/2011 con il quale e' stato ordinato il rimpatrio della ricorrente con foglio di via

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2013 il dott. L. G. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 29.12.2012, I. M. impugnava il provvedimento n. 79/cat.X/MP/2011 del 3 gennaio 2012, con il quale il Questore di Catanzaro aveva ordinato il “rimpatrio della ricorrente con foglio di via nel Comune di Isola Capo Rizzuto, con l’obbligo di presentarsi presso il Sindaco di Isola Capo Rizzuto entro due ore dalla notifica del provvedimento e con divieto di fare ritorno nel Comune di Catanzaro per la durata di anni tre senza preventiva autorizzazione”, nonché il verbale di notifica del provvedimento di foglio di via obbligatorio redatto dagli appartenenti al corpo dei Carabinieri, Stazione di Lamezia Terme Scalo e tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

La ricorrente deduceva, a fondamento del proprio gravame, violazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011, in quanto nessun fatto di reato le era stato contestato, essendo stata la stessa identificata solamente mentre svolgeva attività di meretricio; nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di motivazione, non avendo l’Amministrazione resistente indicato alcun elemento di fatto che potesse collegare la ricorrente al compimento di attività delittuosa.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione resistente, deducendo l’infondatezza del ricorso.

Con ordinanza del 12.4.2012, il Tribunale accoglieva l’istanza cautelare sospendendo l’efficacia del provvedimento gravato.

Alla pubblica udienza del 22.2.2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

Il provvedimento impugnato è stato adottato dal Questore di Catanzaro sul presupposto che la ricorrente esercitava attività di prostituzione in località Palazzo in una pubblica via del centro, in modo da determinare grave pericolo per la circolazione stradale, in quanto, essendo vestita con abiti succinti, attirava l’attenzione degli automobilisti.

La ricorrente ha lamentato che l’Amministrazione resistente non ha indicato alcun elemento di fatto che potesse collegarla al compimento di attività delittuosa e renderla pericolosa per la tranquillità e la moralità pubblica, non costituendo la prostituzione, in sé per sé considerata, fattispecie di reato.

Osserva, in proposito, il Collegio che l’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011 (c.d. codice antimafia, in cui è confluita la disciplina delle misure di prevenzione) stabilisce che “1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”. L’art. 2 prevede, poi, che “Qualora le persone indicate nell'articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate”.

Appare evidente, dalla lettura delle suindicate disposizioni normative, che presupposto per l’adozione della misura del foglio di via obbligatorio è che il destinatario rientri in una delle tre categorie previste dall’art. 1, ossia sia persona abitualmente dedita a traffici delittuosi, viva abitualmente dei proventi dell’attività delittuosa, ovvero sia dedita alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. A ciò deve poi aggiungersi un giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica.

Ciò premesso, ricorda il Tribunale che la prostituzione non costituisce reato, sicché lo svolgimento di tale attività non consente di per sé di ricondurre l'interessata ad una delle categorie di persone indicate dalla normativa in materia di misure di prevenzione (Tar Umbria, 2010 n. 503; Tar Lombardia, Milano, n. 32 del 2010; Cons. Stato, n. 6235 del 2009).

Del resto, la giurisprudenza amministrativa è orientata a ritenere presupposto essenziale del foglio di via l'identificazione degli specifici elementi di fatto, su cui si basa il giudizio di pericolosità sociale, in particolare riferentesi alla dedizione della persona ad atti volti a compromettere la moralità dei minorenni (cfr. Tar Friuli-Venezia Giulia, n. 503 del 2008). Più specificamente, è stato affermato che la prostituzione a fini di lucro personale - in quanto attività lecita ancorché immorale - può essere qualificata come pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità allorquando esercitata con particolari modalità, quali ad esempio l'adescamento, l'ostentazione scandalosa, le molestie ai passanti, i clamori e gli assembramenti idonei a provocare litigi, gli atti osceni in luogo pubblico, e simili (Tar Veneto n, 260 del 2009; Tar Lombardia, Brescia, n. 892 del 2009; Tar Umbria n. 503 del 2010).

L'allontanamento con foglio di via obbligatorio, insomma, non è lo strumento di regola deputato per intervenire sul fenomeno della prostituzione e, pertanto, il provvedimento basato su una siffatta motivazione deve dare contezza delle concrete modalità di esercizio del meretricio, dell'eventuale continuità di tale condotta e di ogni altro elemento utile in ordine alle condizioni di vita dell'interessata, onde desumerne l'apprezzabile possibilità che lo stessa sia incline alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (cfr. Tar Lombardia, Brescia, n. 892 del 2009; Tar Trentino-Alto Adige, Bolzano, n. 414 del 2008).

Nel caso di specie, il provvedimento gravato si è limitato a desumere la pericolosità della ricorrente, per la tranquillità e la moralità pubblica, dalla circostanza che la stessa esercitava attività di meretricio e da essa traeva sostentamento economico, nonché dal fatto che detta attività era esercitata su una strada ad alto scorrimento veicolare, si dà creare pericolo per la circolazione stradale.

Tale motivazione non può costituire il fondamento di un provvedimento di rimpatrio, sia perché, come si è detto, la prostituzione non può, di per sé, essere qualificata attività pericolosa per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, se non venga esercitata con particolari modalità (adescamento, ostentazione scandalosa, molestia ai passanti, o altri comportamenti simili), atteso peraltro che non costituisce reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o di agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale; sia perché travisa il concetto di sicurezza pubblica per il quale tale provvedimento può essere assunto, che non può certo identificarsi con il mero pericolo per la circolazione stradale.

In conclusione, essendo evidente come il provvedimento impugnato non dia conto della sussistenza in concreto, avendo riguardo alla condotta della ricorrente, dei presupposti per l'applicazione della misura di prevenzione impugnata, il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato annullato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 890,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

G. I., Presidente FF

A. C., Primo Referendario

L. G., Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

 

 

Scritto il 17 aprile 2013

 

 

 

 

 

 

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