NUOVAMENTE
UN’ALTRA LUCCIOLA GRAZIATA DALLA CASSAZIONE
Con la Sentenza n. 5679/2015 la Corte di Cassazione ha ribaltato le
pronunce di primo e secondo grado, rispettivamente del Tribunale di Fermo e
della Corte d’Appello d’Ancona, dichiarando il Foglio di Via Obbligatorio (D.Lgs. 159/2011)
non applicabile alle prostitute da strada, se nelle relative motivazioni viene
indicato come elemento pericoloso per la pubblica sicurezza il mero ed unico
esercizio della connessa attività, senza l’identificazione di concreti sospetti
relativi alla commissione di reati, ad esclusione degli illeciti
amministrativi, pericolosi per la pubblica sicurezze e non per la pubblica
moralità.
Si elenca di
seguito il testo della succitata Sentenza.
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5679 Anno 2015
Presidente: C. A.
Relatore: T. A.
SENTENZA
sul ricorso proposto da: O. V. D.,
nata il (omissis) avverso la sentenza
n. 2095/2012 CORTE APPELLO di ANCONA del 04/07/2013; visti gli atti, la
sentenza e il ricorso; udita in pubblica udienza del 09/07/2014 la relazione
fatta dal Consigliere dott. A. T.; udito il Procuratore Generale in persona del
dott. O. C., che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata
perché
il fatto non sussiste; udito il
difensore della ricorrente, avv. C. P., che ha chiesto l'accoglimento dei
motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4 luglio 2013 la
Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del 15 maggio 2012 del
Tribunale di Fermo – sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare, che aveva
dichiarato O. V. D. colpevole della contravvenzione di cui all'art. 2 legge n.
1423 del 1956, accertata il 16 giugno 2010, per avere contravvenuto al foglio
di via obbligatorio emesso a suo carico dal Questore della provincia di Ascoli
Piceno il 31 luglio 2009, notificato il 6 agosto 2009, con il quale le si era
ordinato di non fare ritorno nel comune di Porto Sant'Elpidio per la durata di
due anni, e l'aveva condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena sospesa di giorni venti di arresto. La Corte riteneva che
il foglio di via obbligatorio, presupposto del reato ascritto, la cui
legittimità era contestata dall'appellante, era stato emesso in presenza dei
requisiti di legge e motivatamente all'esito dei controlli operati a carico
della stessa, che esercitava la prostituzione con atteggiamenti adescatori e
scandalosi sulla pubblica via, ricompresa in tessuto urbano frequentabile anche
dai minori, con alta probabilità di commissione dei reati di cui agli artt. 726
e 527 cod. pen., rimanendo integrata la sua
pericolosità ai sensi dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423 del 1956.
2. Avverso detta sentenza ha
proposto ricorso per cassazione l'imputata per mezzo del suo difensore,
chiedendone l'annullamento sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo la
ricorrente denuncia violazione di legge per mancanza degli elementi specifici
previsti dall'art. 1 legge n. 1423 del 1956. Secondo la ricorrente, la Corte di
appello, che l'ha ritenuta socialmente pericolosa in ragione dell'esercizio
della prostituzione, non ha indicato le fattispecie di reato che consentissero
di annoverarla tra le persone pericolose per la sicurezza, la moralità e la
tranquillità pubblica, avuto riguardo ai richiamati presupposti per l'emissione
del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio che rimandano
alla provata, o quanto meno ipotizzata, commissione di atti che integrino
condotte penalmente rilevanti, e in mancanza di norme che prevedano la
prostituzione come fattispecie di reato. Né l'esercizio della prostituzione,
spesso in situazioni di sfruttamento e violenza può mettere in gioco l'integrità
morale dei minorenni, sottoposti a plurime diverse sollecitazioni, mentre
l'attentato alla loro integrità deve essere determinato da chi è dedito alla
commissione di reati.
Le modalità usuali
dell'abbigliamento solitamente succinto non consentono neppure di configurare
il reato di cui all'art. 527 cod. pen., il
riferimento agli atteggiamenti adescatori e scandalosi non è supportato da
elementi specifici circa le modalità dell'adescamento, e il ritenuto pericolo
di commissione di atti osceni in luogo pubblico è meramente congetturale.
2.2. Con il secondo motivo la
ricorrente denuncia manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione
quanto alla verifica della legittimità del provvedimento amministrativo,
costituente il presupposto di fatto della fattispecie incriminatrice e viziato
da eccesso di potere per non avere indicato quali fattispecie di reato essa
ricorrente abbia commesso esercitando la prostituzione di strada, che non
costituisce reato e non è neppure presupposto per l'applicazione delle misure
di prevenzione.
3. In data odierna è stata
depositata nell'interesse della ricorrente memoria, con la quale il difensore,
riportandosi integralmente ai motivi del ricorso e insistendo per il loro
accoglimento, ulteriormente rappresenta l'orientamento di questa Corte, alla
cui stregua rileva la dedotta violazione di legge, essendo illegittimo il
provvedimento amministrativo presupposto, non motivato correttamente in ordine
alla ritenuta pericolosità sociale della ricorrente.
CONSIDERATO
IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Si rileva in diritto che, secondo
i condivisi principi affermati da questa Corte, la conformità a legge del
provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio deve essere accertata
dal giudice penale alla luce dei parametri dell'incompetenza, della violazione
di legge e dell'eccesso di potere, e quest'ultimo, in particolare, è
suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario non solo nella
classica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure
sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa (tra le altre, Sez.
1, n. 916 del 11/02/1997, dep. 19/04/1997, P.M. in proc. A., Rv.
207345; Sez. 1, n. 23034 del 20/04/2001, dep.
07/06/2001, M., Rv. 219289; Sez. 1, n. 28549 del
18/06/2008, dep. 10/07/2008, G. e altro, Rv. 241084). Si è anche puntualizzato che, in tema di
contravvenzione al provvedimento del questore previsto dall'art. 2 legge n.
1423 del 1956, il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio
di pericolosità espresso dal questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un
inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull'atto amministrativo,
mentre gli è consentito soltanto il sindacato di legittimità sul provvedimento,
consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra
le quali rientra l'obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto
il giudizio di pericolosità del soggetto, se non vi è evidenza di abuso del
potere discrezionale (tra le altre, Sez. 1, n. 664 del 09/12/1999, dep. 19/01/2000 C. A., Rv.
215243; Sez. 1, n. 248 del 13/12/2007, dep.
07/01/2008, L., Rv. 238767). Ciò comporta che il
provvedimento di rimpatrio emesso dal questore deve fare riferimento agli
elementi di fatto sui quali si basa il giudizio di appartenenza del prevenuto a
una delle categorie indicate nell'art. 1 legge n. 1423 del 1956 e deve indicare
i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi
coincidenza tra l'appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la
pericolosità sociale del soggetto e dovendosi tale elemento desumere da
ulteriori circostanze, delle quali si deve dare atto nel provvedimento (tra le
altre, Sez. 1, n. 121 del 12/01/1996, dep.
21/02/1996, P.G. in proc. T., Rv. 203817; Sez. 1, n.
43031 del 09/10/2012, dep. 07/11/2012, P., Rv. 253615). Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del
questore sia sufficientemente motivato, esso può essere disapplicato solo se in
punto di fatto si accerti che gli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità
siano insussistenti (Sez. 1, n. 664 del 09/12/1999, citata).
3. Di detti principi la Corte di
appello non ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione.
3.1. Il provvedimento del Questore
di Ascoli Piceno, costituente il presupposto della condotta contravvenzionale
contestata e ritenuta, ha considerato la ricorrente pericolosa ai sensi
dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423 del 1956, citando, così come rappresentato nella
stessa sentenza impugnata, circostanze desunte dalla nota del 27 luglio 2009
dei Carabinieri di Fermo. Con tale nota si era riferito che la ricorrente era
stata controllata più volte nel Comune di Porto Sant'Elpidio, sulla SS 16
Adriatica zona Fratte e vie limitrofe, "mentre esercitava la
prostituzione in atteggiamenti adescatori e scandalosi", e nella
sentenza si è rimarcato che il provvedimento del Questore, procedendo nella sua
indagine circa la pericolosità della ricorrente dalla riscontrata sussistenza
di adeguati riferimenti personali, riportati nella sua parte motiva, ha collegato
l'espresso giudizio di pericolosità all'abituale volontaria dedizione della
stessa all'attività di prostituzione "esercitata su di una pubblica via
ricom presa in un tessuto urbano e, in quanto tale,
frequentabile anche da minori". Da detti rilievi la sentenza ha tratto
il convincimento dell'alta probabilità di commissione di diversi reati (quali
quello di cui all'art. 726 cod. pen., ovvero quello
di cui all'art. 527 cod. pen.), alla prevenzione
della cui commissione è stata diretta la misura applicata.
3.2. Con riferimento all'esercizio
della prostituzione in luogo pubblico, deve osservarsi che l'art. 2 legge n.
327 del 1988 ha eliminato la disposizione normativa di cui all'art. 1, comma 1,
n. 5, legge n. 1423 del 1956, alla cui stregua potevano essere diffidati dal
questore "coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie
alla morale pubblica e al buon costume", e tali erano ritenuti, per
consolidata giurisprudenza (tra le altre, Sez. 1, n. 256 del 16/02/1966, dep. 10/06/1966, F., Rv. 101686;
Sez. 1, n. 1497 del 24/11/1972, dep. 21/02/1973, B., Rv. 123276; Sez. 1, n. 8661 del 17/02/1976, dep. 03/09/1976, F., Rv. 134317),
coloro che esercitavano pubblicamente la prostituzione, e che, se pericolosi
per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità fuori dai luoghi di
residenza, potevano essere destinatari del foglio di via obbligatorio ed essere
ritenuti responsabili, in caso di inosservanza, della contravvenzione prevista
e punita dall'art. 2 della stessa legge. A norma dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423
del 1956, tra le categorie delle persone pericolose, soggette alle misure di
prevenzione previste dalla medesima legge, sono compresi "coloro che
per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che
sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo
l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la
tranquillità pubblica". Ne consegue che l'offesa o la messa in
pericolo degli indicati beni per essere rilevante, ai fini della formulazione
del giudizio di pericolosità, devono discendere da reati, e non da condotte non
aventi rilevanza penale, e lo svolgimento dell'attività di prostituzione in
luogo pubblico non costituisce di per sé indice di pericolosità.
3.3. Il riferimento ai "reati"
esclude ogni valenza giuridica al rilievo, rimarcato in sentenza,
dell'atteggiamento "adescatore" della ricorrente, poiché la
fattispecie contravvenzionale, integrata dall'invito in luogo pubblico o aperto
al pubblico al libertinaggio in modo scandaloso o molesto, prevista dall'art.
5, comma 1, legge n. 75 del 1958, è stata depenalizzata dall'art. 81, comma 1,
lett. a), d.lgs. n. 507 del 1999. La possibile commissione del delitto
di atti osceni in luogo pubblico o aperto al pubblico, di cui all'art. 527 cod.
pen., o della contravvenzione di atti contrari alla
pubblica decenza, di cui all'art. 726 cod. pen., o di
incontri con minorenni "di indiscutibile rilievo penale" è, inoltre,
solo ipotizzata nella sentenza, che enunciandola, non ha indicato alcun
elemento fattuale, concreto e apprezzabile, tratto da riferimenti specifici
contenuti nel provvedimento del Questore, laddove, invece, è pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte che la pericolosità può essere "determinata
anche solo su indizi (e dunque su elementi di fatto ritenuti sintomatici e
concludenti), non necessitando vere e proprie prove, ma non su Nazioni o
congetture, o meri sospetti, tanto meno tratti da ipotizzate categorie di
presunta appartenenza" (Sez. 1, n. 4426 del 05/12/2013, dep. 30/01/2014, P.M. in proc. T., in motivazione). 3.4.
Consegue alle svolte considerazioni che il provvedimento emesso dal Questore ai
sensi dell'art. 2 legge n. 1423 del 1956 e fondato essenzialmente sul mero
esercizio della prostituzione, in sé insufficiente per ritenere integrato il
presupposto di appartenenza della ricorrente alla ritenuta categoria di persone
pericolose, è illegittimo per difetto di motivazione e per sviamento del potere
discrezionale e deve essere, per l'effetto, incidentalmente, disapplicato dal
giudice penale (Sez. 1, n. 4426 del 05/12/2013, citata, Rv.
259015).
4. La sentenza impugnata, restando
priva di rilevanza penale l'inosservanza del foglio di via obbligatorio, deve
essere, pertanto, annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza
impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 9 luglio
2014
Il
Consigliere estensore.
Scritto il 29 marzo 2015