PRECISAZIONI
DEL CONSIGLIO DI STATO SUL FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO
Il Consiglio di
Stato (Organo Supremo Giudicante della Giustizia Amministrativa italiana)
ha specificato le reali motivazioni per le quali il così detto “Foglio di
Via Obbligatorio” rilasciato dal Questore alle persone sospettate di compiere
reati contro la pubblica sicurezza (art. 1 e 2 D.Lgs 159/2011) possa essere
giustificabile nella propria emanazione.
La stessa Corte ha
ribadito che per l’adozione del documento interdittivo in questione sono
richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, in base ai quali può essere
formulato un giudizio prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta
reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità e sicurezza pubblica.
In assenza d’indicazioni specifiche e sufficientemente precise circa le
eventuali modalità aggressive per la sicurezza e la tranquillità pubblica con
le quali il connesso soggetto avrebbe esercitato in quel preciso momento la
propria attività lecita per legge, il “Foglio di Via Obbligatorio” non è
ammissibile. Quindi, i semplici sospetti o pregiudizi nei confronti di una
persona non sono per nulla rientranti delle motivazioni valide per l’emissione
dell’interdizione in questione. Di conseguenza, devono sussistere in merito elementi
concreti e reali, altrettanto comprovabili.
Viene anche citata in
merito una Sentenza della Corte Costituzionale, richiamante una della Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale afferma che occorre sempre un’interpretazione rigorosa e
tassativizzante delle misure di prevenzione emesse dal Questore, anche quando si hanno in materie
delle misure di prevenzione.
S’elenca di seguito la Sentenza
n. 3108/2022 del Consiglio di Stato.
Pubblicato il 22/04/2022N.
03108/2022REG.PROV.COLL.
N.
03594/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso
numero di registro generale 3594 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato
e difeso dall’Avvocato Marina Prosperi, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna,
via Cesare Battisti, n. 33;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro
tempore, e Questura di Modena, in persona del Questore pro tempore,
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, -OMISSIS-;
per
la riforma
della sentenza
-OMISSIS- del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sede di
Bologna, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso proposto
dall’odierno appellante contro il provvedimento -OMISSIS- emesso dal Questore
di Modena -OMISSIS-, recante foglio di via obbligatorio, ai sensi degli artt. 1
e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011, con diffida dal fare ritorno nel Comune di
Modena per -OMISSIS- dalla notifica del provvedimento medesimo.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti
gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e della Questura
di Modena;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 aprile
2022 il Consigliere M. N.;
viste le conclusioni delle parti come da verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue;
FATTO e DIRITTO
1.
L’odierno appellante, -OMISSIS-, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo
regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna (di qui in avanti, per brevità,
il Tribunale), il provvedimento -OMISSIS-, emesso dal Questore di Modena
-OMISSIS-, recante foglio di via obbligatorio nei suoi confronti, ai sensi
degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011, con diffida dal fare ritorno nel
Comune di Modena per -OMISSIS- dalla notifica del provvedimento medesimo.
1.1.
La motivazione del provvedimento di fonda sul fatto che, nei mesi -OMISSIS-, il
sindacato -OMISSIS-, a cui l’appellante aderisce, avrebbe indetto numerose
manifestazioni non autorizzate davanti lo stabilimento -OMISSIS-, nel corso
delle quali i partecipanti avrebbero attuato un blocco di merci, ostacolando
gli automezzi in entrata e in uscita dal suddetto stabilimento, con l’effetto
di provocare il congestionamento del traffico.
1.2. Inoltre, nel corso delle suddette manifestazioni,
si sarebbe creato un clima di tensione con le forze di polizia, che in alcuni
casi sarebbe sfociato in vera e propria violenza nei confronti delle stesse e
in una delle quali -OMISSIS-avrebbe assunto un ruolo attivo nel picchetto che
bloccava il traffico veicolare in entrata e in uscita dallo stabilimento e, in
particolar modo, avrebbe esortato i manifestanti presenti a «non mollare»
- così si legge nel provvedimento questorile – dall’azione di protesta,
invitandoli a mantenere costante l’azione di blocco fisico, sì da apparire uno
degli organizzatori della manifestazione.
1.3. Per tali fatti l’interessato è stato denunciato
all’autorità giudiziaria ai sensi degli artt. 110 e 610 c.p. (violenza privata
in concorso) e ai sensi dell’art. 18del R.D. n. 773 del 1931 – T.U.L.P.S.
(omesso avviso di riunioni pubbliche).
1.5. Ancora, il successivo -OMISSIS-, -OMISSIS-
manifestanti aderenti allo stesso sindacato hanno costituito un presidio di
protesta davanti ai cancelli di-OMISSIS-, di fatto impedendo il libero accesso
dei mezzi pesanti in entrata e in uscita dallo stabilimento e le forze
dell’ordine avrebbero allestito un servizio di allontanamento, al quale i
manifestanti si sono opposti con metodi violenti e tra questi, come si legge
ancora nel provvedimento del Questore, sarebbe figurato ancora l’odierno
appellante, poi deferito all’autorità giudiziaria sempre ai sensi del già
citato art. 18 del R.D. n. 773 del 1931.
1.6.
Il Questore di Modena ha poi elencato una serie di denunce a carico dell’appellante,
perlopiù per resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata.
1.7. L’autorità amministrativa ha tratto da tutto ciò
la conclusione che -OMISSIS- sia una persona dedita alla commissione di reati
che mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica e ha emesso
quindi nei suoi confronti il foglio di via obbligatorio, contestato nel
presente giudizio, per la durata di -OMISSIS-.
2. Avanti al Tribunale, infatti, il ricorrente, nel
chiedere l’annullamento del foglio di via, ha dedotto la violazione degli artt.
1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011, degli artt. 2, 5 e 6 della CEDU nonché
l’eccesso di poter per travisamento dei fatti ed illogicità della motivazione.
2.1.
Il Ministero dell’Interno si è costituito nel primo grado del giudizio per chiedere
la reiezione del ricorso.
2.2. Il Tribunale, con l’ordinanza -OMISSIS- ha
chiesto alla Questura di Modena di trasmettere gli atti sui quali si fondava il
provvedimento impugnato e, all’esito di tale incombente istruttorio, adempiuto
da parte dell’amministrazione resistente con il deposito, il successivo
-OMISSIS- di una relazione della Questura e di dieci allegati, con la sentenza
-OMISSIS- resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto
il ricorso.
2.3. Ad avviso del primo giudice, in sintesi,
l’esercizio dei diritti sindacali non costituisce certo ragione, normalmente,
per ritenere una persona socialmente pericolosa, ma quello in esame sarebbe un
«caso limite», nel quale l’affermazione che il ricorrente sia persona
socialmente pericolosa non sarebbe «temeraria», da parte dell’autorità
amministrativa, dato che un soggetto, che ha mostrato di ritenere necessarie
sempre le maniere forti in occasione di qualche contrasto sindacale,
ragionevolmente non si asterrà da condotte similare per evitare ulteriori
denunce.
3.
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, articolando due motivi
di cui ora meglio si dirà, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente accoglimento
del ricorso proposto in prime cure.
3.1. Con un primo motivo (-OMISSIS-), anzitutto,
l’odierno appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata per la
intrinseca illogicità della motivazione, per la violazione di legge e falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011, in merito alla
sussistenza dei presupposti per un giudizio di pericolosità sociale: in
particolare, violazione dell’art. 1, comma 1, lett. c) del d. lgs. n. 159 del
2011 per mancanza di dedizione alla commissione di reati che offendono o
mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità,
la sicurezza o la tranquillità pubblica.
3.1.2.
Afferma l’appellante, tra l’altro, che leggendo attentamente la documentazione
prodotta dalla pubblica amministrazione, a seguito di richiesta da parte del
Tribunale, si evince che tutti i fatti si riferiscono a episodi di vertenze
sindacali e in quei pochi casi, ove viene descritta qualche condotta del
ricorrente, si intuisce che a -OMISSIS- viene contestato di aver posto in
essere un blocco stradale.
3.1.3. Si tratterebbe, pertanto, di condotte
irrilevanti sotto il profilo oggi in esame e pertanto, anche alla luce della
documentazione prodotta dalla
pubblica
amministrazione, si potrebbe ritenere senza alcun dubbio che l’appellante non
rientri un nessuna delle categorie di cui all’art. 1 del d. lgs. n.159 del
2011.
3.1.4. Nel corso del giudizio di primo grado, infatti,
non sarebbero state dimostrate in maniera specifica e sufficiente le precise
modalità aggressive con cui il ricorrente avrebbe minacciato la sicurezza e la
tranquillità pubblica– né la sentenza impugnata ha motivato adeguatamente
sul punto – in quanto in tali atti e documenti, oltre alla mera partecipazione
dell’appellante ai singoli episodi, non vengono forniti quegli elementi attuali
e concreti su cui dovrebbe basarsi il giudizio di pericolosità sociale,
difettando così di specificità ed individualità e non rispondendo
così alla «esigenza di interpretazione tassativizzante della normativa
in materia», affermata da questo Consiglio di Stato nella sentenza
-OMISSIS-.
3.2. Con
un secondo motivo (-OMISSIS-), poi, l’appellante ha dedotto l’erroneità della
sentenza impugnata per l’intrinseca illogicità della motivazione nonché per la
violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 1e 2 del d. lgs. n. 159
del 2011 e, in particolare, per la mancanza dei presupposti per l’irrogazione
del provvedimento del foglio di via obbligatorio.
3.2.1. L’appellante ha dedotto che, per quanto
riguarda i fatti da cui scaturirebbe il provvedimento di foglio di via,
inerenti alla vertenza sindacale -OMISSIS-, non si comprende quali siamo,
secondo il Tribunale, gli elementi di fatto attuali e concreti, da cui
deriverebbe il giudizio di pericolosità sociale.
3.2.2. La Questura di Modena, nella relazione
depositata con i documenti richiesti dal Collegio di prime cure, ha affermato
di non poter allegare alcuna documentazione in merito ai fatti accaduti fuori i
cancelli -OMISSIS-, perché coperta da segreto istruttorio e, pertanto, occorre
basarsi solo su quanto affermato nel provvedimento stesso.
3.2.3.
Da tale provvedimento – come più volte ribadito – si evince soltanto che
l’appellante “appariva tra gli organizzatori della manifestazione” e
sarebbe stato riconosciuto tra i manifestanti che avrebbero attuato il blocco
dei mezzi.
3.2.4. Al contrario di quanto si sostiene nella
sentenza impugnata, dunque, nel provvedimento del Questore di Modena non vi
è alcuna descrizione di condotte, lesive della tranquillità e sicurezza
pubblica, che l’appellante avrebbe posto in essere in concreto, venendo solo
riportata la situazione generale del picchetto formato da molteplici persone.
3.4. Si è costituito il Ministero dell’Interno per
chiedere la reiezione dell’appello.
3.5.
Con l’ordinanza -OMISSIS- la Sezione, richiamando il precedente di Cons. St.,
-OMISSIS-, ha accolto l’istanza di sospensione proposta dall’appellante
-OMISSIS- in corso di causa.
3.6. Con la successiva ordinanza -OMISSIS- il
Collegio, ritenuto necessario, ai fini del decidere, che la Questura di Modena
fornisse entro trenta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza
chiarimenti in ordine all’attuale sussistenza di esigenze di segreto
istruttorio sulla documentazione non prodotta in primo grado, ha disposto che
la Questura di Modena, nell’ipotesi in cui le esigenze di segreto istruttorio
fossero venute meno, avrebbe dovuto depositare entro il suddetto termine tale
documentazione.
3.7. Il Ministero dell’Interno non ha ottemperato
all’ordine istruttorio impartito dal Collegio.
3.8.
Infine nell’udienza pubblica del 12 aprile 2022 il Collegio, sulle conclusioni
delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello deve essere accolto in entrambe le
censure sopra riportate, che risultano entrambe fondate alla stregua delle
motivazioni che seguono.
5. Si
devono richiamare e applicare alla presente vertenza tutti i principî già affermati
dalla Sezione, per un caso pressoché analogo, nella sentenza -OMISSIS-, già
sopra menzionata.
5.1. Occorre qui ribadire, ai fini che qui rilevano,
che per l’adozione del foglio di via obbligatorio sono richiesti elementi di
fatto, attuali e concreti, in base ai quali può essere formulato un giudizio
prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta reati che offendono o
mettono in pericolo la tranquillità e sicurezza pubblica, perché, diversamente,
si finirebbe per fondare la misura sulla responsabilità collettiva per fatti
addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o,
come nel caso di specie, di un movimento sindacale.
5.2.
In particolare, come questo Consiglio di Stato ha già evidenziato nella propria
costante giurisprudenza, assumono rilievo centrale, sul piano istruttorio e
motivazionale, il profilo soggettivo, relativo alla “dedizione” del soggetto
alla commissione di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva
dei medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal
legislatore e cioè, per quanto di interesse, quelli della sicurezza e della
tranquillità pubblica.
5.3.
Il foglio di via obbligatorio, previsto dall’art. 2 del d. lgs. n. 159 del
2011, è infatti diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli,
e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta
dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti
e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale
dell’interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di
condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose (-OMISSIS-).
5.4.
La misura preventiva in questione si presenta, sul piano della sua tipizzazione
normativa, fortemente caratterizzata in termini penalistici, nel senso che
entrambi i predetti profili, soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti,
da un lato, attingendo al vissuto criminale del soggetto interessato (nei suoi
risvolti pregressi ed in quelli prognostici) e, dall’altro lato, analizzando il
potenziale offensivo insito nelle condotte criminose alle quali il medesimo
risulti essere dedito, con una precisa direzionalità lesiva, quanto ai beni
esposti a pregiudizio (Cons. St., -OMISSIS-).
5.5. Queste considerazioni valgono, a maggior ragione,
dopo la recente sentenza -OMISSIS- della Corte costituzionale che, in seguito
alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 23 febbraio 2017, De
Tommaso c. Italia, e seppure con riferimento alle ipotesi di cui alle lett.
a) e b) dell’art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha sottolineato
l’esigenza generale di rispettare, anche per il diritto della prevenzione,
essenziali garanzie di tassatività sostanziale, inerente alla precisione, alla
determinatezza e alla prevedibilità degli elementi costitutivi della
fattispecie legale, che costituisce oggetto di prova, ed altrettanto essenziali
garanzie di tassatività processuale, attinente invece alle modalità di
accertamento probatorio in giudizio.
5.6.
Ciò impone una interpretazione rigorosa e tassativizzante delle misure di prevenzione
emesse dal Questore.
6. E
proprio al rigore di tale doverosa interpretazione e alla connessa violazione
dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 159 del 2011 non si sottrae il
provvedimento questorile in questa sede impugnato ed emesso nei confronti di
-OMISSIS- che, come ben rileva l’appellante, non rientra in nessuna delle
categorie di soggetti previsti dall’art 1, comma 1, del d. lgs. n.159 del 2011,
richiamato dall’art. 2, nemmeno tenendo conto degli elementi e delle
considerazioni contenuti nella relazione e negli allegati depositati dall’amministrazione
in primo grado.
6.1. Il provvedimento si fonda sull’erroneo
presupposto che l’appellante sia dedito alla commissione di reati, quali la
resistenza a pubblico ufficiale (art.337 c.p.), la violenza privata (art. 610
c.p.) e la contravvenzione di cui all’art.18 del T.U.L.P.S., per il solo fatto
di avere preso parte attivamente alle manifestazioni sindacali davanti allo
stabilimento di -OMISSIS-, senza tuttavia specificare quali concrete condotte
violente egli abbia posto in essere, dato che la Questura di Modena, opponendo
la riservatezza degli atti istruttori, non ha depositato nemmeno in questo
grado di appello la documentazione su cui si baserebbe l’apodittica valutazione
di pericolosità sociale.
6.2. Orbene, in difetto, nel caso di specie, di
ulteriori specificazioni da parte della Questura e fermo ogni accertamento dei
fatti, nella competente sede penale, che non si vuole certo qui anticipare o
sostituire, il picchettaggio non può ritenersi attività in sé vietata o
pericolosa, rientrando nel legittimo esercizio del diritto di sciopero
(art. 40 Cost.), purché non avvenga con modalità violente o minacciose tali
da condizionare la libertà dei lavoratori non scioperanti o da mettere a
repentaglio, appunto, la pubblica sicurezza.
7. Il picchettaggio, come la Sezione ha già chiarito
nella sentenza -OMISSIS- già sopra richiamata, è definibile come un complesso
di comportamenti materiali di diversa natura, aventi come carattere comune la
tendenza a rafforzare la partecipazione, la riuscita, l’efficacia di uno
sciopero e più specificamente, con riferimento all’elemento teleologico della
condotta ed ai soggetti cui si rivolge l’azione dei picchetti, si è detto che «sotto
la nozione di picchettaggio si ricomprendono tutte quelle attività e quei
metodi posti in essere dagli scioperanti per indurre i lavoratori dissenzienti
a non accedere nei luoghi di lavoro per fornire la prestazione lavorativa».
7.1. Il vocabolo trae origine dal linguaggio militare,
laddove si collega alle funzioni di vigilanza e di controllo svolte da gruppi
di soldati preposti al controllo degli accessi alle caserme e agli
accampamenti.
7.2. Dal francese piquet, riferito alla picca,
e cioè all’arma di normale dotazione dei militi addetti a tali incarichi, esso
ha fatto ingresso nel gergo sindacale anglosassone (picket, picketing),
per definire i gruppi di operai stazionanti all’ingresso degli stabilimenti
presso i quali è in corso uno sciopero, che in Gran Bretagna costituiscono
praticamente una costante di ogni conflitto industriale.
7.3. Di qui la traduzione italiana «picchettaggio»
oppure il desueto «picchettamento».
7.4. L’attività dei picchetti può assumere rilevanza
sotto diversi profili giuridici, dal momento che, nella pratica, essa tende ad
assumere connotati tanto più energici quanto maggiore è l’asprezza del
conflitto sindacale incorso.
7.5. Il picchettaggio viene notoriamente praticato per
contrastare il fenomeno del crumiraggio e, cioè, il comportamento tenuto dai
lavoratori dipendenti dall’azienda ovvero esterni, i quali ultimi concludono in
occasione dello sciopero un contratto di lavoro – cosiddetti crumiri –
stipulato dall’imprenditore al fine di attenuare od eliminare il pregiudizio
economico derivante dallo sciopero e, quindi, vanificare gli intenti perseguiti
dagli scioperanti.
7.6. I lavoratori dipendenti dell’azienda o esterni
infatti, dissociandosi dall’azione di lotta, ben possono mettere a disposizione
del datore di lavoro le proprie energie lavorative ed eventualmente subentrare
nelle posizioni ricoperte all’interno dell’organizzazione aziendale dai
lavoratori assenti per sciopero.
7.7. Non è questa la sede per esaminare, in astratto,
la complessa natura del picchettaggio, quale forma del diritto di sciopero
(art. 40 Cost.), e l’altrettanto complesso problema che investe i limiti della
sua liceità penale, con particolare riferimento al blocco delle merci e/o della
circolazione stradale, né, come detto, è questa la sede, in concreto, per
valutare se i fatti compiuti dall’odierno appellante -OMISSIS- siano penalmente
sanzionabili.
8. La stessa descrizione dei fatti contestati nel
foglio di via all’odierno appellante, ai fini che qui rilevano, difetta però di
specificità e di individualità, in contrasto con la sopra menzionata esigenza
di interpretazione tassativizzante della normativa in materia, in quanto dalla
lettura del foglio di via non si comprende se l’odierno appellante abbia usato
in senso proprio violenza nei confronti delle forze dell’ordine, al di là del
vago riferimento aduna “energica” contrapposizione tra manifestanti e dette
forze non infrequente in questo tipo di conflitti sindacali e, sicuramente,
nella c.d. vertenza -OMISSIS-, né se in seno al picchetto, comunque, la
presunta violenza sia attribuibile specificamente alla sua condotta.
8.1. La semplice presenza in un picchetto di
molte persone finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata o in uscita
dallo stabilimento industriale, non connotata da elementi fattuali che
consentano di rintracciare specifici e individuali condotte di violenza o
minaccia da parte di un determinato soggetto, non può integrare da sola sintomo
di pericolosità sociale a carico di questo, se non si vuole trasformare il
diritto della prevenzione e, in particolare, il foglio di via obbligatorio in
un surrettizio, indebito, strumento di repressione della libertà sindacale e
del diritto di sciopero e, in ultima analisi, in una misura antidemocratica.
8.2. Elementi di maggiore tassatività, sia sostanziale
che processuale, non si colgono poi per il caso di specie nemmeno nel
riferimento, che si legge nel foglio di via, a precedenti denunce
dell’appellante per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e
violazione dell’art. 18 del T.U.L.P.S., secondo la mera e generica elencazione
di tali denunce che si legge nel foglio stesso.
8.3. D’altro canto le esigenze di segreto istruttorio,
opposte dall’amministrazione nella relazione depositata nel primo grado del
giudizio, non consentono di approfondire ulteriori profili fattuali che
indichino una reale, concreta, individualizzata carica di pericolosità sociale,
nell’odierno appellante, che travalichi la normale, e non di rado, concitata
dialettica tra le parti in occasione di manifestazioni sindacali
particolarmente accese.
9. Il provvedimento questorile, insomma, non indica
realmente, specificamente e sufficientemente le precise modalità aggressive per
la sicurezza e la tranquillità pubblica con le quali l’appellante avrebbe
esercitato il diritto di sciopero e/o manifestato il proprio pensiero, tale non
potendo ritenersi la mera partecipazione al picchettaggio -OMISSIS- e la sua
presenza ad alcune fasi concitate del conflitto sindacale, con la conseguenza
violazione, nel caso di specie, dell’art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. n.
159 del 2011.
9.1. Non va pertanto esente da censura la sentenza
impugnata laddove, identificando nella vicenda in esame un presunto “caso
limite”, ha genericamente mosso all’appellante l’addebito di usare le “maniere
forti” e di essere, sulla base di questo indimostrato giudizio di valore,
un soggetto socialmente pericoloso ai fini che qui rilevano.
10. Ne segue che la sentenza impugnata, la quale ha
ritenuto che l’odierno appellante rientri in una delle categorie di cui
all’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, debba essere riformata, con il
conseguente annullamento del foglio di via qui contestato.
11. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la
novità e la complessità del caso, implicante un delicato bilanciamento degli
interessi costituzionali in gioco, possono essere interamente compensate tra le
parti.
11.1. Il Ministero dell’Interno, soccombente, deve
essere condannato a rimborsare il contributo unificato corrisposto
dall’interessato per la proposizione del ricorso in primo e in secondo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-, lo
accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata,
annulla il provvedimento -OMISSIS-, emesso dal Questore di Modena -OMISSIS-.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio
grado del giudizio.
Condanna il Ministero dell’Interno a rimborsare nei
confronti di -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione
del ricorso in primo e in secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.
52, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile
2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla
Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS- e di
-OMISSIS-
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 12 aprile 2022, con l’intervento dei magistrati:
M. C., Presidente
G. V., Consigliere
M. N., Consigliere, Estensore
E. F., Consigliere
A. M. M., Consigliere
L'ESTENSORE M. N.
IL PRESIDENTE M. C.
IL SEGRETARIO
In
caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei
soggetti interessati nei termini indicati.
Scritto il 15 settembre 2023