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SENTENZA TAR MILANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale di Milano si è pronunciato su un provvedimento relativo alla tutela della sicurezza urbana in ambito dei campi nomadi.

Nella corrispondente Ordinanza il Sindaco di Gambolò (PV) ha ordinato lo sgombero coatto di un insediamento di nomadi presenti sul relativo territorio comunale da ben trent’anni. Le persone in questione non hanno per nulla gradito il detto provvedimento ed hanno avviato il ricorso al TAR di Milano, il quale con la Sentenza 981/2010 ha annullato il provvedimento in questione. I relativi giudici denotano che l’Ordinanza Sindacale in esame non ha una fondata motivazione per l’urgenza sanitaria e nella competenza della pubblica sicurezza urbana. Da notare anche come lo stesso TAR evidenzia che la fattispecie dei Decreti Sindacali sulla sicurezza (articolo 54 del D.Lgs. 267/2000) dovrebbero essere solo “contingibili” ed “urgenti” per essere accettati nella costituzionalità delle normative. In più, viene chiamata in causa la sola sicurezza pubblica nella definizione di sicurezza urbana e che il potere in questione può essere esercitato qualora la violazione delle norme già esistenti che tutelano i beni previsti dal Decreto Ministeriale Attuativo del 5 agosto 2008 non assuma rilevanza solo in sé stessa, ma possa costituire la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica.

Si elenca di seguito la Sentenza n. 981/2010 del TAR della Lombardia, sede di Milano.

 

 

N.00981/2010 REG.SEN.

N.01063/2009 REG.RIC.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2009, proposto da: F. O. B., L. A. V., S. M., D. V., K. H., B. V., D. V., G. V., K. V., S. M., A. M., F. V., A. B., E. C. B., M. V., G. V., M. A. F., J. B., rappresentati e difesi dall'avv. P. M. nel cui studio a Milano, (omissis) sono elettivamente domiciliati;

contro

Comune di Gambolò con l'avv. G. L. ed elettivamente domiciliato presso l’avv. M. B. in Milano, (omissis);

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- all'ordine di liberare entro il 30/4/2009 da roulottes, caravan, manufatti e oggetti di qualsiasi tipo l'area di Via Mazzini, in fregio alla S.P. 81, nei pressi del fiume Terdoppio, con previsione, in caso di inottemperanza, di esecuzione di sgombero coattivo il giorno 1/5/2009; nonché per l'annullamento di tutti gli atti prodromici, conseguenti e/o dipendenti.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gambolò;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 04/03/2010 il dott. R. G. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

I ricorrenti, cittadini italiani di etnia Sinti, residenti da almeno tre decenni nel Comune di Gambolò in un’area sita nei pressi del torrente Terdoppio ove stazionano con le proprie roulottes, sono stati raggiunti da un’ordinanza con cui il Sindaco del predetto Comune:

- considerati i rapporti della Polizia locale dai quali si evince che le condizioni igienico sanitarie dei luoghi occupati dai ricorrenti con i propri caravan sono del tutto precarie e tali da pregiudicare la salute dei residenti;

- rilevato, inoltre che dette condizioni igienico sanitarie, già attualmente precarie sono destinate a subire un peggioramento qualora si prolungasse la permanenza dei soggetti utilizzatori non autorizzati;

- avuto riguardo alle caratteristiche del luogo, non idoneo a svolgere la funzione di struttura ricettiva, e, ancora, alle esigenze di igiene e sicurezza della zona circostante;

- precisato che “la permanenza dei nomadi sulla suddetta area crea di fatto un potenziale pericolo per la salute e l’igiene in considerazione del fatto che mancano le attrezzature idonee a garantire le normali condizioni di vita”;

- dato atto che la sosta di camper, roulottes e carovane costituisce violazione dell’art. 185 del codice della strada:

- visti gli articoli 50 comma 5° e 54 del D.Lgs 267/00 come modificato dal D.L. 92/08 e gli artt. 6, 7, 54 e 185 del codice della strada, ordina di allontanarsi dall’area in premessa indicata con sgombero di ogni persona appartenente al proprio nucleo familiare e di sgomberare l’area interessata da veicoli, i beni di proprietà e qualsiasi altra cosa depositata o in sosta.

Avverso tale atti hanno proposto ricorsi gli interessati sulla base dei seguenti:

MOTIVI

1) Violazione degli artt. 50 comma 5 e 54 del D.Lgs 267/00; eccesso per difetto ed incongruità della istruttoria;

Non sussiste la situazione contingente di emergenza sanitaria prevista dalle rubricate norme in quanto la comunità Sinti risiede nell’area in oggetto dal molti decenni.

E’ mancato inoltre un effettivo accertamento del pericolo sanitario compiuto da organi a tal fine competenti.

Inoltre, la situazione esistente sarebbe stata causata dallo stesso Comune di Gambolò che avrebbe omesso di realizzare il campo nomadi avvalendosi del disposto della legge regionale 77 del 1989.

2) Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione e sviamento di potere con particolare riferimento a quanto disposto dalla L.R.L. 77/89

Il reale scopo dell’ordinanza impugnata sarebbe quello di allontanare i cittadini di etnia Sinti dal Comune di Gambolò per motivazioni politiche e razziali in violazione del disposto della legge regionale n. 77 del 1989 laddove prevede la tutela del patrimonio culturale delle etnie tradizionali nomadi e semi nomadi, nonché la partecipazione delle popolazioni nomadi alla predisposizione degli interventi che li riguardano.

Peraltro, l’azione di forza del Comune di Gambolò avrebbe del tutto omesso di considerare le condizioni di salute di alcuni dei ricorrenti ed il fatto che nell’area risiedono anche minori che frequentano le scuole locali.

3) Violazione dell’art. 43 del D.Lgs 286/98, dell’art. 2 del D.Lgs 215/03.

Il Comune avrebbe operato una discriminazione a danno dei ricorrenti in ragione della loro etnia.

4) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e violazione dei criteri di ragionevole ed equilibrato contemperamento degli interessi contrapposti, con riferimento altresì all’assenza di urgenza.

L’interesse pubblico al rispetto delle norme igieniche non sarebbe stato correttamente contemperato con i diritti dei ricorrenti al domicilio, alla privacy, abitazione, alla vita familiare, all’istruzione ed alla salute.

5) Violazione dell’art. 2 della L.R.L. 77/89 e dell’art. 68 dello Statuto Comunale.

Sono state violate le rubricate norme che prevedono il coinvolgimento degli interessati nelle determinazioni amministrative che li riguardano.

6) Violazione del diritto alla privacy, al domicilio, alla vita familiare, all’abitazione, all’istruzione ed alla salute previsti dagli artt. 14 e 29 Cost, dall’art. 8 della CEDU, dall’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dall’art. 17 del patto sui diritti civili e politici, dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali della UE, dall’art. 5 della Convenzione internazione per la eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, dall’art. 27 della Convenzione sui diritti dell’infanzia.

Si è costituito il Comune di Gambolò per resistere al ricorso.

All’udienza del 4 marzo 2010, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il primo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione ed il travisamento nella valutazione dei presupposti di fatto che legittimano l’esercizio del potere di ordinanza sindacale di cui agli artt. 50 comma 5° e 54 del D.Lgs 267/00, è fondato.

Quanto all’art. 50 comma 5 del D.Lgs 267/00, occorre ricordare che tale norma non è stata incisa dalla riforma dei poteri sindacali operata con il D.L. 125 del 2008 ed il successivo D.M. di attuazione del 5/8/2008.

Il potere previsto dalla citata norma mantiene, quindi intatti, i suoi originari connotati di intervento extra ordinem giustificato solo da circostanze imprevedibili che sono all’origine di vere e proprie emergenze igienico sanitarie non fronteggiabili con mezzi ordinari (Cons. Stato, V, 16/02/2010 n. 868).

Nel caso di specie i paventati pericoli per la salute dei residenti causati dallo stazionamento dei caravan di proprietà dei ricorrenti in assenza di adeguati presidi igienici sono frutto di affermazioni apodittiche contenute nell’ordinanza e non supportate da alcun effettivo accertamento sanitario, anche tenuto conto della ubicazione all’esterno del centro abitato dell’insediamento rilevabile dalla documentazione fotografica prodotta dai ricorrenti.

In assenza di un’accertata, documentata ed effettiva situazione di emergenza sanitaria la sola sussistenza di una situazione di precarietà igienica dei luoghi ove risiedono i ricorrenti deve essere fronteggiata con i mezzi ordinari facendo valere le norme previste dal locale regolamento di igiene, non potendosi ricorrere al potere extra ordinem previsto dalla norma citata.

Del pari non sussistono i presupposti per un intervento sindacale ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs 267/00.

Detta norma, che nella sua versione originaria abilitava il Sindaco, in qualità di Ufficiale di governo, ad emanare ordinanze contingibili ed urgenti per eliminare gravi pericoli a livello locale che minaccino l’incolumità pubblica, è stata oggetto di una incisiva riforma ad opera del D.L. 92/08 convertito in L. 125/08.

L’ambito di applicazione del potere di ordinanza del sindaco è stato esteso anche alla “sicurezza urbana”, e la stessa natura del potere di ordinanza sembra essere stata modificata, ammettendosi la possibilità di emanare anche provvedimenti atipici in funzione della prevenzione e della eliminazione di “gravi pericoli” che minaccino tale bene pur in assenza dei presupposti della contingibilità e dell’urgenza.

La portata dei nuovi poteri sindacali è stata meglio definita dal decreto del Ministero dell’interno in data 5 agosto 2008 il quale, da un lato, opera una definizione del concetto di sicurezza urbana come bene pubblico da tutelare, in ambito locale, attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile al fine di migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale, e dall’altro prevede, in via esemplificativa, cinque aree di intervento nelle quali la tutela della convivenza civile può esplicarsi attraverso il previsto potere di ordinanza.

Peraltro, allo stato della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, l’effettivo ambito di operatività dei nuovi poteri di ordinanza del sindaco rimane alquanto incerto.

Incerto è se la materia della “sicurezza urbana” coincida o meno con quella della “sicurezza pubblica” (che si sostanzia nella prevenzione dei fenomeni criminosi che minacciano i beni fondamentali dei cittadini), oppure debba essere intesa in senso più lato come strumento volto alla eliminazione di determinati fenomeni di degrado che affliggono i centri urbani non necessariamente correlati con esigenze di repressione della criminalità.

Incerto è, inoltre, il fondamento costituzionale della previsione di una nuova forma di “ordinanze libere”, non contingibili ed urgenti, suscettibili di comprimere “in via ordinaria” i diritti di libertà dei cittadini senza una esatta predeterminazione dei contenuti e dei presupposti della loro emanazione.

Il Collegio ritiene che l’interpretazione della nuova disciplina delle ordinanze sindacali debba essere compiuta in rigorosa aderenza al dettato costituzionale.

Sicché, quanto all’ambito della materia della sicurezza urbana, valgono le precisazioni recentemente effettuate dalla Consulta secondo la quale il decreto del Ministro dell'interno del 5 agosto 2008, che ha definito l’ambito di tale concetto, si riferisce esclusivamente alla tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati (Corte Cost. 196/09).

Non solo, infatti, la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 richiama la «sicurezza pubblica», ma, nelle premesse del citato decreto ministeriale si fa espresso riferimento, come fondamento giuridico dello stesso, al secondo comma, lettera h), dell'art. 117 Cost., il quale, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005). Lo stesso decreto, poi, sempre nelle premesse, esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale.

A ciò occorre poi aggiungere che qualora le ordinanze previste dall’art. 54 del D.Lgs si estendessero a materie diverse dalla sicurezza pubblica tradizionalmente intesa, sconfinando nella polizia amministrativa locale, tutta l’operazione compiuta con il D.L. 92/08 sarebbe fortemente sospetta di incostituzionalità per violazione delle garanzie di autonomia degli enti locali.

La materia della polizia amministrativa locale è infatti espressamente esclusa dalla riserva legislativa statale sulle materie dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica prevista dall’art. 117 lett. h) Cost., e, anche a livello amministrativo, essa rientra attualmente nelle funzioni proprie dei comuni previste dagli artt. 19, 20 e 21 del DPR 616/77 e da 158 a 163 del D.Lgs 112/98 la cui titolarità risulta altresì rinforzata dal principio di sussidiarietà previsto dall’art. 118 della Carta Costituzionale.

Alla luce di quanto sopra, pertanto, la sottoposizione dell’esercizio di poteri di polizia amministrativa locale ad un penetrante controllo del Prefetto ed alle direttive del Ministro dell’interno, così come previsto dall’art. 54 del D.Lgs 267/00, darebbe luogo ad un’ingerenza dello Stato nelle competenze locali che va ben al di là del controllo sostitutivo di cui all’art. 120 comma 2 della Costituzione.

Altro parametro costituzionale di riferimento, per dare una corretta interpretazione al disposto dell’art. 54 del D.Lgs è quello offerto dagli artt. 23, 113, 97 e, più in generale da tutte le disposizioni della Carta fondamentale che prevedono riserve di legge a garanzia di diritti fondamentali.

Non può, infatti ritenersi compatibile con la Carta costituzionale un potere atipico di ordinanza sganciato dalla necessità di far fronte a specifiche situazioni contingibili di pericolo, in quanto, diversamente opinando, verrebbe ad essere attribuita in via ordinaria ai sindaci la possibilità di incidere su diritti individuali in modo assolutamente indeterminato ed in base a presupposti molto lati suscettibili di larghissimi margini di apprezzamento.

Tali osservazioni portano a valorizzare il disposto del DM del 5 agosto 2008 laddove aggancia la difesa della sicurezza pubblica al rispetto di norme (preesistenti) che regolano la vita civile, con la conseguenza che il potere sindacale di ordinanza ex art. 54 D.Lgs 267/00, al di fuori dei casi in cui assuma carattere contingibile ed urgente, non può avere una valenza “creativa” ma deve limitarsi a prefigurare misure che assicurino il rispetto di norme ordinarie volte a tutelare l’ordinata convivenza civile, tutte le volte in cui dalla loro violazione possano derivare gravi pericoli per la sicurezza pubblica.

In altre parole il potere in questione può essere esercitato qualora la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal DM del 5 agosto 2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari) ma possa costituire la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica; in tal caso, venendo in gioco interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale, il Sindaco, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del Ministero dell’interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la minacciano.

Alla luce di tali premesse il provvedimento impugnato appare affetto da totale carenza di motivazione e di istruttoria in ordine ai pericoli per l’incolumità pubblica o per la sicurezza urbana (come sopra intesa) che potrebbero derivare dalla violazione di determinate norme igienico sanitarie e del codice della strada all’interno dell’insediamento della comunità Sinti.

L’accoglimento del primo motivo assorbe le restanti censure.

E’ infatti vero che il rispetto dei diritti fondamentali della comunità Sinti, consolidati peraltro dal lungo periodo di permanenza nel Comune di Gambolò, deve essere oggetto di attenta ponderazione, da operarsi mediante gli strumenti istruttori e partecipativi previsti dalla L. 241/90 e dalla legge regionale n. 77 del 1989, al fine di giungere a soluzioni equilibrate e proporzionate che contemperino con essi l’interesse pubblico. Tuttavia ciò presupporrebbe la sussistenza di un interesse pubblico primario afferente un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica, oppure la prevenzione o eliminazione di concreti pericoli per la sicurezza urbana, interesse che, nella specie non emerge dal quadro rappresentato nel provvedimento impugnato e negli atti istruttori che l’hanno preceduto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione III di Milano, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Gambolò alla refusione delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.000 oltre IVA e c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 04/03/2010 con l'intervento dei Magistrati:

D. G., Presidente

R. G.,  Referendario, Estensore

F. F.,   Referendario

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

Sentenza TAR Lombardia, sede di Milano del 6 aprile 2010, n. 981.

 

 

 

 

 

Scritto il 22 agosto 2010

 

 

 

 

 

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